La situazione ucraina peggiora di giorno in giorno: la direzione non è ancora cambiata dopo i primi tentativi di creare dialogo. Da quando Putin ha formalmente annesso le repubbliche popolari di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhya e Kherson, attraverso il referendum-farsa, il pericolo atomico sembra concretizzarsi. La guerra sta cambiando natura, stiamo arrivando ad un’ulteriore escalation: Putin può renderla una “guerra santa” per la difesa della patria, che sarebbe sicuramente più apprezzata dalla popolazione russa, sempre più memore dell’ultima volta che qualcuno ha provato a conquistare.
Allo stesso tempo, il combattimento si sta trasformando in una guerra di posizione, similmente alla Prima Guerra mondiale. Si combatte da settimane, infatti, per una manciata di chilometri, con la differenza che in questo caso c’è la possibilità di ricorrere all’arma nucleare per sbloccare la situazione. Da una parte – quella russa – c’è la minaccia nucleare e dall’altra – quella ucraina- il desiderio di recuperare assolutamente “manu militari” i territori conquistati dai russi. Ne è la prova il decreto appena approvato da Zelensky, che impedisce qualsiasi trattativa con la Federazione Russa. La guerra sta diventando un affronto tra nazionalismo ucraino e nazionalismo russo, e questo confronto non ha altra risoluzione se non nella vittoria di un nazionalismo sull’altro. Naturalmente ci si chiede come mai Zelensky non voglia continuare a lasciare aperta la via delle trattative e quindi della pace. La domanda può sembrare complicata, ma non è così. Il capo di stato Ucraino, Volodymyr Zelensky, si trova infatti in una situazione favorevole ai suoi interessi: arrivano milioni di dollari di aiuti da tutto il mondo occidentale, la sua popolarità, grazie al crescente nazionalismo, aumenta non solo in Ucraina ma in tutto il mondo e l’economia di guerra piace agli oligarchi che lo sostengono e che aumentano così il loro controllo sul territorio. Ma non bisogna illudersi che questo avvenga solamente in Ucraina, infatti, sono gli stessi motivi che spingono la Federazione Russa a non cercare la trattativa. L’unico motivo per cui Putin è ancora al potere senza troppi problemi, anche dopo otto mesi dall’inizio dell’ “operazione speciale”, è perché continua a fare ciò che gli oligarchi desiderano per i propri interessi. Oligarchi che in Russia dirigono il paese, attraverso il controllo di gran parte degli asset economici statali, grazie ai quali sostengono politicamente il leader e corrompono sia i media che gli organi statali. Questo perché i professionisti della guerra riescono a imporsi sempre, perché la guerra è sempre una fonte di profitto per qualcuno, anche se la maggior parte delle popolazioni coinvolte ci guadagna solo lutti e rovine. E la guerra è un processo, non casca mai dal cielo da un giorno all’altro, arriva perché viene preparata e perché, come appena detto, c’è chi ne ha un viscerale bisogno per guadagnare denaro. Trovarne un’altra causa più credibile è quasi inutile, come dice Gramsci, “è logicamente impossibile trovare ragioni adeguate al fatto che sta per scatenarsi” .
La linea politica adottata dall’UE e dalla NATO, è chiara: continuare ad aiutare gli ucraini nel loro diritto a difendersi. Ma in questo modo UE e USA soffiano sul fuoco: sostengono le scelte di chi rifiuta ogni possibilità di dialogo. Si continua a sostenere che si possa fare la pace facendo la guerra, ma l’andamento degli eventi ci sta dimostrando il contrario. Siamo quasi arrivati al paradosso: l’Ucraina ha il diritto di difendersi, ma anche a costo di trascinare il mondo in una guerra nucleare?
Forse, per comprendere meglio l’enormità di ciò che sta accadendo, bisogna porsi una semplice domanda: “cosa facciamo se domani, svegliandoci, scopriamo che Putin ha lanciato una bomba atomica? dove scappiamo? con chi? con cosa?” Domanda banale e risposta ancora più scontata: nessuno lo sa. Sembra, nella percezione del quotidiano dopo più di settant’anni dalla prima e ultima atomica lanciata sul nemico, sembra quasi del tutto irreale e improbabile. Ma, se vogliamo veramente che questo rimanga tale, non si può continuare a seguire la stessa linea politica.
Anselmo Stopani