Nella cultura orientale fare un nodo significa fare una promessa.
Ogni millimetro di cima intrecciato simboleggia un nuovo legame, che non potrà essere sciolto da altri che il destino. Tralasciando il fatto che prima di fare un nodo lo si dovrebbe saper sciogliere, l’andar per mare, a vela, crea qualcosa di simile: amore. Ma amore per cosa? Che tipo di amore?
E qui non s’intende l’amore che si può provare nei confronti di persone, animali, cose, ma dell’amore per la vita e la natura, frutto di minuti, ore, giorni passati a ricercare la perfezione. Di quel momento in cui, per qualche prezioso millisecondo, la linea della vela è perfetta e il vento passa in egual misura su ogni superficie della barca. La deriva inizia a fischiare, la prua si solleva e sembra di volare.
Si dice: “un bel gioco dura poco”. Subito la barca si inclina. Nell’ eterna sfida al mondo e a ogni legge della fisica, esistente o meno, vedendo il mare che si increspa ci si sdraia verso l’acqua e il peso contrasta la natura.
Così si cerca di mantenere quell’ultimo attimo ideale il più a lungo possibile, finché, irrimediabilmente, si finisce in acqua. Fradici dalla testa ai piedi, infreddoliti e felici, non resta che da ritirare su troppi chili di barca piena d’acqua e ripartire. E così, si ricomincia. Con il vocabolario arricchito di nuovi insulti all’universo, ma il cuore pieno di gioia. Con quello stupore e, ogni tanto, quel poco di soddisfazione che basta per trovare la pazienza di continuare l’inseguimento, verso la planata tanto agognata nei sogni.
Stella Camilla Brao