COMENIUS Bilaterale Polonia-Italia 2011-2013. Tirando le somme

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tls1Proporre un progetto Comenius è senza dubbio una sfida con innumerevoli incognite, ove la perseveranza e la pazienza sono continuamente messe a dura prova.
Intanto hai da convincere della bontà del tuo progetto una classe che, attratta dalla prospettiva di viaggiare e conoscere colleghi di un’altra scuola europea, lo è assai meno – e giustamente! – da quella di lavorare sodo – la Comunità Europea dà sovvenzioni mica per niente – , magari per giunta su temi non così accattivanti, seppur interessanti, come la deportazione e la Resistenza, temi su cui è sempre più difficile coinvolgere nel modo giusto le nuove generazioni.
Ma non basta: c’è tutto un Consiglio di Classe da trascinare ed anzi tutta una scuola: perché, in fondo, che potresti fare senza il supporto in primis della Dirigenza e poi dell’amministrazione e delle segreterie, ma anche del personaletls22della cucina e della portineria, di tutti, insomma? Ad esempio, infatti, senza la disponibilità dei cuochi e del personale tutto della mensa, il soggiorno dei nostri corrispondenti non sarebbe stato altrettanto gradevole né la cena finale dello scambio finale in Italia, con anche tutte le famiglie, altrettanto riuscita.
Eh, già, perché un progetto Comenius per il referente consiste non solo nel predisporre e proporre un percorso educativo e didattico di concerto coi colleghi stranieri, ma anche nel rivestire i panni dell’agente di viaggio, nel decidere i menu per il gruppo, nel tenere pubbliche relazioni con enti, insomma nel non trascurare anche i più piccoli dettagli.
E ogni volta incroci le dita nella speranza che tutto vada per il meglio, con soddisfazione generale.
Ma come puoi prevedere, ad esempio, che un autista di mestiere non conosca la strada e, una volta persosi, la chieda a te che almeno a quello pensavi di non dover provvedere o che, per un’incomprensione, ti tocchi far aspettare più di mezz’ora la combriccola, polacchi e italiani, in attesa del trasbordo su pullmini, proprio nel parcheggio di un desolato cimitero di campagna, dopo aver per giunta tuonato per far alzare i ragazzi dal letto all’alba? Ma poi pensi alle sensazioni provate ad Auschwitz, uniti come si era da un intenso silenzio di commozione, o a Sant’Anna di Stazzema, tutti tesi nell’ascolto del racconto del sig. Pieri, o a Torino, coinvolti dalle toccanti parole di Ferruccio.
Eh, sì, è stato davvero un bel gioco di squadra, grazie intanto alla scuola partner da cui è partita l’iniziativa, quindi alle colleghe ed alle ragazze polacche – nessun maschio tra gli studenti: ma i nostri, i ragazzi almeno, non ne sono sembrati dispiaciuti…-, che hanno condiviso con noi l’esperienza; e grazie alla nostra scuola, tutta, e in particolare ai colleghi che più d’ogni altro hanno spartito con me onori ed oneri: l’educatrice Maria Triggiani e i professori Anna Maria Nosotti e Stefano Vinti.
Grazie, infine, ma non ultimi, ai nostri studenti che, seppur riottosi all’inizio, ci hanno saputo contagiare col loro entusiasmo e persino commuovere con la loro partecipazione, talora davvero intensa.

E ora tutti pronti per la volata finale…

Gabriella Gavinelli

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