Comicità politica

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chuckles_toy-story3È passato all’incirca un mese da quando noi bravi cittadini ci siamo recati alle urne per esprimere il nostro parere su nuovo governo e da più di due stagioni è cominciata la propaganda (ufficiale o non) dei vari partiti e movimenti politici.
Sono più di due stagioni che non riesco a guardare la televisione o ad aprire un giornale senza trovarmi nella curiosa situazione della risata a crepapelle atta a scacciare il pianto.
Ridicolo.
È l’unica parola che mi viene in mente nell’osservare quei patetici omini che si divincolano alla ricerca della poltrona più comoda, agitati come formiche sotto i raggi del Sole.
Ridicolo.
Sia chiaro, non si tratta di una critica politica a qualcuno in particolare. Magari lo fosse. Implicherebbe almeno un elemento al di fuori dell’orrido cerchio. Ma non è così. Per quanto io sia di natura incredibilmente ottimista e speranzosa non posso fare a meno di trovare la politica italiana più divertente di uno spettacolo di cabaret e più drammatico di un film di guerra hollywoodiano.
Ma cominciamo dal principio, perchè anche uno spettacolo comico per essere degno di questo nome ha bisogno di un ordine preciso, di un inizio e di una fine.
La maggior parte dei partiti attira le battute come il miele attira le mosche e molti hanno cominciato a rendersi ridicoli ben prima delle elezioni.
Nessuna descrizione è necessaria per movimenti come il PDL e la Lega Nord: dalle prostitute ai vichinghi con la barba verde, entrambi sono partiti sufficientemente imbarazzanti da essere capaci di ottenere consenso anche solo tramite i numerosi programmi tv. Ma dall’elenco non si salva di certo il fumasigari a capo del PD, che definire ridicolo sarebbe troppo poco, a metà strada tra la falsa ma utile definizione di “ex-comunista” e la più triste ma altrettanto efficace speranza di essere un uomo della “sinistra moderata”: uomo serio e coerente ma soprattutto con la grande capacità di saper usare correttamente la grammatica italiana. Questo per i maggiori, chiaro, perchè i minori erano inizialmente troppo sconosciuti per poter essere definiti in alcun modo, se non “invisibili”.
Poi sono arrivate le elezioni ed è cominciato il momento clou della serata: un Ingroia esaltato contro un Grillo mezzo candidato e mezzo no, il tutto con una retrovia formata da mini-partitini di estrema destra che tanto nessuno ha mai considerato.
Soffermiamoci un attimo su Ingroia e sul suo Rivoluzione Civile perchè è uno degli attori migliori del nostro spettacolo. Non ho mai visto un uomo tanto sicuro di sé in tutta la mia vita: è partito per il K2 con addosso speranza e volontà, ha fatto riempire le città di volantini e adesivi e ha coperto la totale mancanza di senso nell’unione, ad esempio, di IDV ed RC con tanto colore rosso e con l’opera di Da Volpedo, pace all’anima sua. Comparso dal nulla, sconosciuto e per lo più inutile nella politica italiana fino ad oggi, è stato frenato come un treno ai duecento all’ora che si schianti contro la muraglia cinese: lo sbarramento lo ha rimesso a sedere e il suo 2% è stata una delle scene più belle del teatro politico italiano di sempre. Qualche tamarro userebbe l’espressione “chiuso” e avrebbe ragione. Immobilizzato da una legge, ha perso all’improvviso tutto ciò che aveva in quanto a grinta e valore ed è scomparso nel nulla rapidamente come era apparso.
Bellissimo.
Su Monti niente da dire, ha il grande pregio di saper parlare l’inglese, anche se in Italia non è proprio la maggior virtù, e piacerà alla Comunità europea ma evidentemente non piace a noi, visto il suo triste 10% che lo ha fatto smettere di muoversi e agitarsi come un baronetto di altri tempi convinto di avere la serietà del mondo sotto la propria zampa.
Chi altro abbiamo? Per lo più gruppi inutili, come Fareperfermareildeclino, detto tutto attaccato e senza respiro, partito imprevisto e forse non visto, sarà per il nome o per la mancanza di senso che non l’ha scelto nessuno.
E, dulcis in fundo, l’exploit di Grillo, votato da chi non aveva idea di cosa votare e da qualche fiducioso in una politica diversa. Non sono d’accordo con quanti lo accusino di non avere un programma, si tratta solo di persone poco informate, ma di certo non si può dire che appaia come un partito serio. Paradossalmente, forse, in questo caso il comico è il più serio degli attori ma il migliore dei peggiori resterebbe comunque uno dei peggiori.
In ogni caso, il mio momento preferito è stato subito prima della conta dei voti, quando in tutte le reti televisive e in tutti i canali web migliaia di persone si spremevano le meningi nel contare quel virgola uno o virgola zero uno acquistato dal loro partito, preoccupazione inutile quanto la frenesia del conteggio dei voti, come se le cose potessero cambiare in base all’ansia di chi aspetta i risultati.
E non si tratta di cinismo, non si tratta di tristezza, non si tratta di luoghi comuni: abbiamo un ammasso di persone scelte per migliorare il nostro Paese ma non riescono neppure a migliorare sé stessi.
Così la risata diventa un pianto disperato e l’unico sorriso è quello sarcastico di chi non riesce a prendersela e, in fondo, un poco se lo aspettava che sarebbe andata anche questa volta così. Ma mi viene da pensare: se io, diciottenne che possiede la scheda elettorale da si e no due mesi, non posso fare a meno di ritenere tutto l’apparato politico ridicolo e disperato, che aspettative posso sperare di avere? Dannazione, non sono certo l’unica persona sulla faccia dell’Italia ma alla fine rappresento anche io la mia piccola percentuale di pensiero nel nostro Paese. Rappresento anche io il nostro futuro. E che futuro è se non quello di un povero teatrino di marionette pronto a crollare al primo soffio?

Carlotta Pavese (4D)

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