La censura è una forma di controllo sociale che limita la libertà di espressione e di accesso all’informazione, basata sul principio secondo cui determinate informazioni, idee e opinioni da esse generate possano minare la stabilità dell’ordine sociale, politico e morale vigente. Applicare la censura significa esercitare un controllo autoritario sulla creazione e sulla diffusione di informazioni, idee e opinioni ritenute inopportune o pericolose. Sono molti i paesi che decidono di “chiudersi” estraniandosi dalle informazioni che provengono dall’esterno. Tra questi, troviamo la Cina, dove il livello di censura è molto elevato.
Quest’ultima avviene in due modalità distinte: la macro e la micro-censura. La prima consiste in interventi diretti su software e hardware in modo da prevenire l’accesso a domini indesiderati o pericolosi. Si impedisce pertanto l’accesso ad innumerevoli siti stranieri, molto spesso di testate giornalistiche, quali il New York Times per esempio. La seconda invece, colpisce la libertà di espressione dei singoli utenti, censurando e rimuovendo post, commenti, articoli e messaggi.
La censura in rete nasce in Cina con Xi Jinping. Egli, nel 1998, diede inizio al Progetto dello Scudo d’oro. Quest’ultimo iniziò controllando l’uso di Internet nel 1997. Da quel momento in poi si iniziò a censurare sempre di più, fino ad arrivare alla creazione di un nuovo progetto, finalizzato a difendere e sorvegliare la Cina dalle informazioni occidentali: il Great Firewall. Questo impedisce agli “invasori” di potersi intrufolare nel sistema statale e inoltre protegge anche la politica in modo molto strategico.
Quando si prova ad accedere a determinati siti in Cina, appare sul monitor la scritta “blocco eseguito in base alla legge”. Per ovviare ai disagi che la censura potrebbe avere sui cittadini, la Cina ha sostituito ogni server o social network occidentale con un corrispondente cinese, con le stesse funzioni o addirittura superiori.
La sede fisica della censura è a Tianjin, una città dove si trovano i cosiddetti poliziotti informatici (un ulteriore filtro a tutte le informazioni che il Great Firewall non riesce a bloccare), che eseguono gli ordini del governo e controllano il web per conto di aziende private, cercando di ripulirlo da elementi negativi per salvaguardare le coscienze dei cinesi.
Un altro filtro determinante sono i “Freelance” remunerati dal governo con 5 Mao al giorno (50 centesimi di yuan). Il loro lavoro è quello di manipolare le informazioni e tenere sotto controllo l’opinione pubblica online. I funzionari cinesi evidentemente hanno compreso che controllare Internet non è così semplice e hanno deciso quindi di provare ad influenzare l’opinione pubblica con ogni mezzo possibile.
La vera questione però è un’altra: la censura cinese è legittima perché regolata da leggi dello Stato, ma è giusta? Da un punto di vista etico, è difendibile o giustificabile?
Tutti devono avere ugual diritto di parola e di esprimere i propri pensieri, che devono essere rispettati anche se non condivisi. È fondamentale, sempre nei limiti di quelle che sono le norme di una società che si ritiene evoluta come la nostra, potersi esprimere per come si è, anche se purtroppo il governo cinese non la pensa così. Questo Stato, a quanto pare, si ritiene superiore, quando in realtà, attraverso la censura, dimostra indirettamente il proprio timore e la propria debolezza nei confronti dei cittadini. Come qualsiasi altro regime, ha la necessità di controllare il consenso popolare, nel modo più capillare possibile.
E la popolazione cosa ne pensa? La diversità di opinioni sulla censura è enorme: una buona fetta della popolazione pensa che la censura sia necessaria e appropriata, poiché ritiene che la popolazione media sia incapace di distinguere tra ciò che è vero e ciò che è falso; un’altra parte è invece molto arrabbiata e frustrata. Nonostante ciò, la maggioranza non ne è del tutto consapevole e si disinteressa, rimanendo superficiale, poiché ha accesso a tutto quello che gli serve. Per quanto riguarda gli intellettuali liberali, essi sono scontenti per la severità del sistema di censura. Un capitolo a parte sono i nazionalisti che invece difendono apertamente il governo.
Negli anni il governo è stato attento a non toccare gli interessi della maggioranza, colpendo i gruppi minoritari che ritiene pericolosi. Alcuni cittadini hanno addirittura elaborato strumenti alternativi per comunicare: utilizzano messaggi in codice, che riescono ad aggirare i controlli che si basano su programmi in grado di bloccare determinate parole.
Nonostante tutto, la Cina ha smesso di voler nascondere il proprio atteggiamento nei confronti della censura, ha infatti iniziato a parlare pubblicamente della sua visione di sovranità su Internet come un modello mondiale, cercando allo stesso tempo di renderla ufficiale.
Tutto, a dir poco, ripugnante.
Asia Filomeno e Evangeline Busso