Corporation? Ma benissimo.

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PsycorporationsAlzi la mano chi sa cos’è una corporation.
Nessuno? Ma benissimo. Chi sa che cos’è il Posillac? O il DDT? L’Agente Arancio, prodotto dalla Monsanto ed usato in Vietnam tra il 1961 e il 1971 dall’esercito americano? Chi sa cos’è successo nella città boliviana di Cochabamba in seguito alla privatizzazione dell’acqua?
Allora? Nessuno? E, sentiamo, chi è che sa che le multinazionali (questo sono, infatti, le corporation) operano, con la loro onnipresente ed ossessiva pubblicità, sulle nostre fragili coscienze un costante lavaggio del cervello che va dallo smalto verde fluorescente che ci mettiamo sugli alluci, alla scelta dei jeans con i quali dobbiamo coprirci le pudenda; da quale pacchetto di patatine dobbiamo mangiare di nascosto quando la prof di mate si gira per scrivere alla lavagna, a quale stile di vita bisogna adottare, a cosa bisogna pensare? Ci abbindolano, ci manipolano, inculcano nella nostra testaccia il desiderio di cose inutili, da anni, da decenni: è un indottrinamento occulto continuo.
Per carità, saranno mica problemi questi! E chi se ne frega se la Monsanto, una delle più grandi corporation americane, produce sinteticamente, utilizzando tecnologie di ricombinazione del DNA, un ormone della crescita conosciuto con il nome di Posillac, che inietta nei bovini per incrementare la produzione di latte, ormone tossico per i bovini stessi e gli esseri umani. Ma sì, il latte è buono: apriamo il frigo nel cuore della notte, svitiamo il tappo, buttiamo giù una sorsata, torniamo a letto. Tossico, non tossico: quanti problemi. Siamo vivi, no? E chi se ne frega se il paio di Nike con le quali facciamo educazione fisica sono state fatte da una bambina filippina di sei anni che non saprà mai scrivere il suo nome e che guadagna meno dello 0.01% del loro prezzo. Tanto le Nike sono fighe e una volta che sappiamo questo, sappiamo tutto. Ma benissimo.
Non è il caso di fare i moralisti, d’altro canto: sono a gambe incrociate per terra sul tappeto del salotto fatto in … (chissà dove sarà l’etichetta?) ah, in Pakistan, dalle manine di qualche bambino di sette anni che deve mantenere la famiglia; sto scrivendo su un computer che è stato assemblato in Taiwan, il cui silicio è frutto del lavoro di qualche minatore del Burkina Faso ed il pigiama di mio padre che indosso è … (ah, che barba, devo contorcermi come un anguilla per riuscire a leggere l’etichetta!) cinese, ecco.
Ma benissimo.
Uno non sta a farsi ‘ste domande: vede un paio di scarpe, una borsa, un I-pod, gli piacciono, e li compra. Punto. Nessuna perorazione contro il lavoro minorile, per carità: non è il momento adatto né ho l’autorità per farlo.
Mi sporgo verso di voi, la sedia di fòrmica scricchiola, incrocio le dita a guisa di tepee indiano e vi guardo con l’occhio pazzo da Joker al di sopra di esse.
Aprite bene le orecchie. La corporation ha infatti un profilo psicologico particolare. In effetti è una persona giuridica: è un’unica testa pensante. La corporation non prova rimorso né sensi di colpa per le sue maledette porcherie, è una bugiarda patologica, dimostra un deficit mentale in quanto ad empatia (penso proprio che alla corporation importi di più il profitto che la tutela del corpo lavorativo, che ne dite?). La corporation è falsa, ipocrita, irresponsabile, incapace di rispettare leggi e le più basilari norme civili, incapace di assumersi le proprie responsabilità, tant’è che il modello societario della corporation stessa è intrinsecamente concepito in modo da sottrarre responsabilità legale a coloro che la amministrano. La corporation è criminale, manipolatrice. La vita umana, per la corporation, ha lo stesso valore di una lampadina bruciata.
Già. Un profilo psicologico molto particolare.
Quello dello psicopatico.
Ma benissimo.

Sara Schiara (4B)

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