Cure di adrenalina

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Mercoledì 8 Dicembre. Non è un giorno come gli altri; e non per il fatto che non si va a scuola e la settimana risulterà incredibilmente corta, no. E’ uno di quei giorni in cui la tua vita non ti basta, uno di quei giorni in cui tutto sembra sufficiente, ma nemmeno un po’ buono o distinto, uno di quei giorni fatti da quelle solite interminabili ventiquattro ore che diventano insopportabili, nulla ti soddisfa; ti ritrovi a guardare fuori dalla finestra e non vederci assolutamente nulla. Così prendi il cappotto, avvolgi la calda sciarpa attorno al tuo collo ed esci di casa, esci di casa nella disperata ricerca di qualcosa di diverso, di qualcosa che ti smuova dentro, di qualcosa che ti permetta di non pensare a tutti i problemi, anche i più futili, ma che in giorni come questi ti si annidano nella mente facendosi sentire prima piano piano e poi sempre più forte finchè non rischi di esplodere. E così continui a camminare per strada con il naso e le orecchie ormai gelate, ma la salvezza si presenta lì, improvvisamente davanti ai tuoi occhi, sei davanti alla casa di un amico e vedi la sua moto … “Quant’è che non vado in moto? Quant’è che non mi ci faccio portare?”, la mia mente ha ricominciato a rivolgersi a se stessa in prima persona, smettendo di cercare una complice tra almeno una delle tante identità che sembrano esserci dentro di noi e che rivendicano la propria individualità a volte nei momenti più sbagliati. Rivolgo di nuovo il mio sguardo verso quell’aggressiva moto nera e decido di citofonare a colui che forse salverà la mia giornata e farà sì che io esca da questo stato di apatia apparentemente incurabile. Il cancello si apre, la porta di casa anche, saluto il mio amico, cercando di frenare la gioia del suo cane che non fa altro che saltarmi addosso, il mio sguardo si volge per una terza volta, inconsapevolmente verso la moto, lui mi guarda e chiede “Vuoi fare un giro?” “Beh magari non adesso, non oggi, insomma, fa freddo …” quando in realtà spero con tutta me stessa che mi dica di avere tempo solo oggi: ho ancora bisogno di essere salvata. Indosso il casco e mi faccio prestare una giacca più calda, mi siedo dietro di lui e mi attacco alle apposite maniglie. Lui mi dice che presto mi converrà attaccarmi ai suoi fianchi, così starò più comoda, ma non gli do ascolto, continuo a stare attaccata alle mie fedeli maniglie, non voglio disturbarlo, mi sarei presto ricreduta. Collina, piazza Hermada, piazza Gran Madre, corso Casale, limite della città di Torino, autostrada … La moto continua ad accelerare, il vento diventa fortissimo e non posso evitare il fatto di attaccarmi veramente forte alla sua vita o forse in questo momento sono più attaccata alla MIA di vita, mi guardo intorno e non riesco a godermi il paesaggio, è tutto troppo veloce; mi chiede se sto bene, rispondo di sì, ma intanto provo solo paura, pura paura che possa succedere qualcosa e non c’è tempo per pensare ai problemi, a questa mia giornata cominciata sufficientemente e in maniera assolutamente noiosa. Non ho tempo di rivedere la mia vita che mi passa davanti, mentre il timore di cadere e farmi male, nonostante le protezioni della giacca, continua a farsi sentire, mi rendo conto che sto sorridendo e che la mia paura si è trasformata in adrenalina, in energia, in senso di potenza e forse invincibilità; se rimaniamo vincibili per lo meno a questa velocità siamo irraggiungibili…Dopo qualche minuto di alta velocità, alta tensione, adrenalina e paura, la moto rallenta, mi viene di nuovo chiesto se sto bene, rispondo con un sorriso, ma forse lui non  se ne accorge. Il casco è integrale, giro la testa e vedo uno dei paesaggi più belli di sempre o forse così mi sembra. Una volta affrontato qualcosa di brutto ciò che pareva semplicemente sufficiente diventa bello, bello e indispensabile; un altro sorriso, di stupore stavolta, un sorriso da bambina, un sorriso sereno … E’ bastato poco per farmi sentire meglio … Limite della città, corso Casale, piazza Hermada, collina, il cancello si apre, la porta di casa pure, il cane ricomincia a saltare, la moto si ferma, scendo. “Divertita?”… Solo un sorriso.

Nastassia Aldanese (5C)

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