Dall’altra parte dell’equatore

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Questo articolo è per quel 90% delle persone che, dopo le solite presentazioni, mi domandano perché ho scelto di passare cinque mesi della mia vita in South Africa, quando potevo andare a spassarmela in America o in Australia. Potrei iniziare dicendovi che amo viaggiare e che per me non c’è cosa più divertente e avventurosa che sentirmi diversa e speciale per questo. Chi non sarebbe attratto dall’idea di partire in piena estate da un’afosa Malpensa per ritrovarsi il giorno seguente a toccare il Capo di Buona Speranza, il punto più a sud del continente africano? O di camminare tra i corridoi del carcere in cui, pochi anni prima, erano rinchiuse le menti dei rivoluzionari che hanno fatto la storia di questo paese, da Nelson Mandela a Jacob Zuma a Walter Sisulu? O sedersi sulla spiaggia bianca e morbida come una nuvola, con i piedi che toccano il mare, per sentire il rumore delle onde e degli uccellini che cantano d’amore e del loro paese?
Tutto questo è un posto chiamato South Africa. Il rosso brillante del sole illumina questa terra senza pace e senza silenzio. Cerco di scattare il ritratto perfetto del tramonto, ma come potrebbe una foto parlare delle persone, del rumore delle auto che ritornano a casa dal lavoro, di una sirena e di alcuni bambini che gridano in lontananza?
Come potete immaginare, non é così semplice la vita quaggiù , dall’altra parte dell’Equatore, dove non ci sono accenti sulle tastiere, dove le famiglie sono troppo allargate, dove non nevica e dove gli animali sono anche sulle banconote … dove a Natale si sta in maniche corte. Dove si indossa la divisa per andare a scuola sette giorni la settimana, dove tutti hanno il Blackberry e gli studenti frequentano l’high school solo per partecipare al PROM: “Il sogno di una vita che diventa realtá”. Qui i “taxi” viaggiano con le portiere aperte e al loro interno i più stravaganti passeggeri con uno strano sorriso d’oro sulla faccia piena di rughe raccontano la coraggiosa e dolorosa storia di questo paese. Omicidi, gangster che si picchiano dopo scuola, incidenti, sedicenni incinte sono all’ordine del giorno in un posto dove a scuola si insegna “life orientation”. Quando si ha fame si mangia, perchè non esistono convenzioni sull’orario dei pasti: la vasta gamma di fast food è a disposizione perfino dei portafogli più smilzi e le specialità culinarie consistono in diversissimi tipi di carne e nel “gatsby”, un interminabile panino con chips, chicken, polony, Vienna sausage o calamari e pesce. Diversissime sono anche le religioni: posso dire di aver festeggiato il Natale mussulmano e il noto “thanksgiving”. Sono ammaliati dal nostro paese, dal cibo all’arte, ma si sorprendono quando dico che in Italia non parliamo il francese e che se guidi per due ore ti ritrovi in un’altra regione, mentre qui non vedi neanche la fine di questa immensa città che circonda Table Mountain.
Questo è Cape Town, questo significa South Africa, un paese economicamente avanzato nel suo continente ma ancora troppo rude rispetto all’Europa. I suoi pochi anni di storia sono di grande lotta; l’apartheid ha spaccato questa società che è ancora divisa ma che ha portato il conflitto a un altro livello. Ora ci sono i neri al potere con Zuma, ma bianchi e colored mantengono comunque un’elevata posizione sociale ed economica. Quale festività poteva vederli uniti se non il novantaquattresimo compleanno (il 18 Luglio) di Nelson Mandela? Grazie a questo magnifico uomo e a molti altri suoi compagni, il South Africa può vantare il più giovane e avanzato trattato sui diritti umani di tutto il mondo. Questo Stato, come il nostro, ha ancora molto da imparare per diventare il luogo perfetto in cui vivere ma ci può sicuramente insegnare come lottare per i nostri diritti.
Ora capisco, dopo anni, che nel mio diario segreto, nella mia mente, rimane impresso soltanto un attimo, non l’intera descrizione di una giornata. Che crescere è anche viaggiare da soli, lontano dalla tua normale vita, dal tuo solito ritmo quotidiano, solo per la voglia di avventura, la voglia di scoprire un’altra parte del mondo cosí da svegliarsi una mattina e guardarlo da una prospettiva diversa. Questo è crescere. Questo è essere un exchange student, sempre pronti ad aiutare, ad adeguarsi sorridendo, a portare la nostra cultura all’estero. E’ per questo che veniamo arruolati, è per questo chesono andata dall’altra parte dell’Equatore.

Soldato Rachele Rapalino (4F)

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