Di nuovo in piazza: soddisfatto a metà

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Finalmente! Finalmente un corteo dell’Umberto I compatto, unito e numeroso, ovviamente non quanto le “superpotenze” del Gioberti e del Gobetti, ma abbastanza folto da far sentire la nostra voce in piazza. Tutti dietro uno striscione abbiamo marciato per Torino difendendo le nostre ragioni e urlando la nostra rabbia. Una rabbia che però si è lentamente assopita rispetto al furore incandescente di un anno fa, quando la riforma Gelmini era appena passata. Una rabbia, questa, figlia del tempo e delle voci, non più delle convinzioni e del fervore politico. D’altronde questo era l’obiettivo del governo: lasciar sfogare le masse studentesche senza intervenire e senza rispondere agli innumerevoli appelli per un dialogo e una mediazione, per poi sperare in un rasseneramento delle acque, come pare sia successo. Questo è inaccettabile! Un governo che ignora i propri cittadini. Non me ne vogliate, ma qualunque riforma o cambiamento non dovrebbe attuarsi attraverso un dialogo fra le parti e non chiuso nel Parlamento? La riforma, quindi, è sbagliata già a priori perchè non c’è stato il confronto di idee e opinioni, ma soprattutto  di interessi, su cui si basa ogni democrazia. È un sordo muro, il governo. Sordo perché non ascolta la voce di noi studenti; muro perché qualunque manifestazione o protesta studentesca si è infranta addosso ad una barriera apparentemente invalicabile.

Quali sono allora le speranze per noi studenti? Continuare a lottare, continuare a scendere in piazza, certo. Ma soprattutto bisogna informarsi. Bisogna interessarsi del proprio futuro. Leggere la riforma, leggere il ddl Aprea, farselo spiegare e quando si finisce, ricominciare. È questa la grande debolezza di noi studenti. Seguire le tendenze e le idee stereotipate dei più grandi e della massa. Ripetere le stesse identiche parole senza sapere di cosa trattino veramente. Bisogna protestare, bisogna lottare, bisogna urlare se è la mente a guidarci. Era fin troppo chiaro durante la manifestazione: poca convinzione, tanta confusione. Ragazzi indecisi a seguire un coro perché non sentivano loro quelle parole. Aprivano la bocca pronti a riversare parole di fuoco, ma queste rimanevano strozzate nel gelo della loro gola, nel gelo dell’abitudine e del sentito dire.

Ma ciò che èstato veramente deludente è sapere che studenti son rimasti nelle loro case a dormire, considerando il giorno della manifestazione un giorno di vacanza, deridendo così non quelli che hanno manifestato o quelli che son venuti a scuola ma solo e soltanto se stessi.

Soddisfatto sì, ma per adesso solo a metà.

 

Brando Ceratto (5A)

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