La lingua si evolve: è un processo inevitabile.
L’italiano stesso è frutto di questa evoluzione: parole di origine latina, greca, araba, francese, germanica, dialettale si sono fuse in questo grande calderone che è la nostra lingua.
Questo cambiamento è anche frutto di adattamenti ed errori ripetuti: per esempio, dagli otto casi dell’indoeuropeo si è passati ai sei del latino, ai cinque del greco e ai due dell’italiano.
La parola latina luscinius, -ĭi significa usignolo; ebbene, questo termine del vocabolario italiano è frutto di un errore perché la ‘l’ iniziale venne via via percepita come articolo fino a scindersi dalla parola e ad ottenere il vocabolo odierno.
L’italiano, però, è tuttora in evoluzione: si dovrebbe scrivere ‘spegniamo’, ma è sempre più in uso la forma ‘spegnamo’; alcuni dittonghi, come ‘uo’, si stanno chiudendo; non si usa più la maiuscola davanti ai nomi di popolo usati in funzione di pronome.
Questo è un processo di evoluzione: lessico e grammatica cambiano per ragioni di economia linguistica, pur mantenendo sfumature di significato.
E così come per l’Italiano anche in tutte le altre lingue si potrebbero osservare simili processi di evoluzione.
Oggi molti considerano il cambiamento della lingua che sta avvenendo fra i giovani un’evoluzione.
Io sono contrario a questa opinione, perché noi stiamo solo togliendo, senza aggiungere.
Noi non stiamo modificando la lingua: la stiamo distruggendo.
Valerio Pace (1D)