Dopo quest’esperienza in India non posso che apprezzare di più il fatto di essere donna nel mio Paese.
Mi sono innamorata di questa terra e della sua cultura, ma ho trovato quasi insopportabile il modo in cui viene trattata la donna! Per noi occidentali alcune cose sono quasi incomprensibili, non riusciamo a capire come mai in questo paese, dove sono nati alcuni dei più grandi scienziati e matematici ricordati ancora oggi,la concezione della figura femminile non sia cambiata nel corso degli anni.
Siamo stati ospitati in famiglie benestanti e in generale di vedute abbastanza ampie, anche perché per affrontare uno scambio con un paese così lontano e così diverso bisogna essere disposti all’avventura. Non è una cosa da tutti e dovrebbe dimostrare un passo avanti nella mentalità indiana… invece no!
Frequentando la loro scuola molti studenti osservavano straniti noi studentesse e non solo per il diverso colore della pelle, dei capelli e degli occhi ma anche per aver notato qualche scollatura, che per noi è innocente, un po’ troppo profonda.
Le donne adulte e le ragazze più legate alla loro cultura e religione non pensano nemmeno di uscire di casa mostrando le proprie curve con una maglia scollata, cosa che in Italia ormai non accade più.
Le indiane vestono gli abiti tipici da quando compiono diciotto anni e anche prima in occasioni e feste importanti. Le ragazzine della nostra età invece si vestono come noi e gli uomini possono indossare la camicia e dei pratici pantaloni proprio come in occidente. Questo è un evidente segno di globalizzazione,che però non comprende la sfera femminile, tant’è vero che le donne occidentali vengono considerate molto libere e fin troppo “facili”, perché l’unico messaggio che arriva è quello del cinema americano, che spesso rivela i loro lati peggiori!
Ma da dove nascono le disparità di genere che persistono ancora oggi?
I culti religiosi per la popolazione indiana sono ancora qualcosa di importante su cui basare la propria vita e le proprie abitudini e proprio le leggi degli dèi prevedono un atteggiamento di sottomissione al padre e ai fratelli e, successivamente, al marito.
Una donna inizia ad essere considerata tale solo dopo essere diventata moglie e madre.
Nelle mentalità più chiuse e ancora più tradizionaliste da una parte si pensa a lei come donatrice di nuove vite e custode delle tradizioni, dall’altra la si vede come qualcosa da proteggere: non dall’esterno, ma dai pericoli del suo potenziale sessuale. Le donne sono dipinte come diavoli tentatori, pensate cioè come ingannatrici e colpevoli della rovina della società.
Questa è stata per secoli la condizione della donna in India.
Una figlia femmina veniva vista più che altro come un peso, quindi non era troppo importante né educarla, né curarla. Le si offrivano meno cibo e cure; l’istruzione le era preclusa e, nei casi più estremi, poteva essere venduta al mercato nero della prostituzione.
Fidanzata ancora bambina e sposata ancora ragazzina all’uomo scelto per lei dalla famiglia, doveva adattarsi a convivere con le eventuali altre mogli dello sposo evitando di rivolgersi reciprocamente “osservazioni sgradevoli ed offensive”. Rimasta vedova, doveva scegliere fra il sacrificio volontario sul rogo del marito (sati) e l’austerità più completa.
Oggi giorno la condizione della donna sta cambiando lentamente, ma il cammino da percorrere è ancora lungo: la concessione del voto alle donne, le leggi che le permettono di divorziare, ereditare e risposarsi sono elementi inseriti in un contesto ancora caratterizzato da una forte disparità di trattamento legata al genere. Nelle zone rurali, in particolare, permane forte la tradizione, nelle città viceversa hanno fatto ingresso negli uffici e nelle università molte figure femminili.
La famiglia che mi ha ospitata è ovviamente più emancipata di un tempo, ma un passato così pesante, e non del tutto superato, lascia un segno nella vita di tutti i giorni. La mia mamma indiana obbedivae sia al padre che alle due figlie nonostante fossero femmine, la figlia maggiore stabiliva gli itinerari per l’intera famiglia e decideva addirittura cosa bisognava mangiare durante i pasti, l’ora e il posto in cui consumarli o quali prodotti i genitori dovessero comprare nei negozi.
Le mie corrispondenti pretendevano dalla madre di fare tutto ciò che avrebbe potuto scomodarle, il loro unico dovere è la scuola, ben diversa dalla nostra e nemmeno troppo faticosa, per il resto venivano servite e riverite.
Mi è sembrata una situazione un po’ paradossale, probabilmente perché non sono abituata: a casa mia decidono i miei genitori il da farsi e io posso fare delle proposte se si tratta di uscite che comprendono tutto il nucleo famigliare.
Ho anche assistito ad un litigo famigliare, non era nulla di importante,in qualsiasi caso la mia corrispondente non ha parlato con il padre per quasi una settimana, ma quando quest’ultimo si è arrabbiato seriamente tutti sono rimasti in religioso silenzio ad aspettare che si calmassero le acque.
Questo stato di cose mi ha stupito: la madre è sottomessa anche dalle figlie, che in teoria dovrebbero stimare le persone più anziane e non solo il padre ma anche la donna che le ha date alla luce. In fondo non è nemmeno tanto strano, ma non per questo giusto, riflettendoci anche qui in Italia succede in molte famiglie che la madre non venga rispettata.
La condizione della donna in India è quindi migliorata nell’arco di secoli e non di anni, si può solo sperare che continui questo processo e, perché no, magari un giorno le nostre corrispondenti indiane saranno più emancipate di noi occidentali ma entro limiti della decenza!
Virginia Bellini (2B)