L’urlo dei genitori ci strappa brutalmente dalle braccia di Morfeo, ancora mezzo assopiti consumiamo una modesta colazione, pregustando già la merendina della mezza mattinata; febbrilmente indossiamo quei capi esaminati e scelti da un’attenta giuria la sera prima. In seguito, assonnati affrontiamo quei cento metri che ci separano dalla fermata del bus. Sembrerebbe la solita routine, ma mentre la si compie il pensiero non volge al nostro collega del sud del mondo. Per non arrivare in ritardo alle lezioni, si alza al canto di un uccello tropicale, e probabilmente senza aver fatto colazione, esce nella fredda aria della notte africana, e s’incammina nel’oscurità, lasciandosi guidare dalle stelle, così luminose e belle, incastonate in un cielo che non conosce smog. Più avanti, incontrerà sicuramente qualche suo compagno più lento, in quanto vi è un ‘unica strada, così potrà condividere con qualcuno la sua odissea. Mentre il sole sta sorgendo sono ormai molti che marciano assieme, ma il loro pensiero non volge a noi, perché neanche i loro sogni si possono avvicinare ad una realtà da cui spesso fuggiamo. Finalmente ecco la scuola, i più fortunati avranno una baracca costruita da qualche missionario, altrimenti i maestri terranno le lezioni tanto anelate sotto una palma. Ed è qui, al suono di una campanella immaginaria, che i due mondi si scontrano. Spesso ci vengono citati i ragazzi del terzo mondo, al fine di farci vergognare della nostra avversione per l’istruzione, e a loro chissà cosa raccontano di noi. Forse nella loro mente si affollano sogni diversi dai nostri. Istruirsi tanto quanto basta da poter mantenere la propria famiglia, i loro pensieri si poseranno sui fratellini piccoli e le madri, impegnate a procurarsi cibo o a rammendare reti da pesca, e sui padri, all’inseguimento dei pesci per mezzo di barche non troppo sicure. Il ragazzo occidentale medio invece, ha perso determinati valori, barattandoli con altri ben più materiali. Ma se siamo alla ricerca di colpevoli, non li si trova certamente tra i più giovani, specchio di una società nascente, figlia dei desideri repressi degli adulti. La nostra capacità di adattarci è stata da sempre la nostra croce. Così in Italia come in Madagascar, le emozioni, non ancora completamente assorbite dalle diverse società, si schiudono pure e ci uniscono, permettendoci di provare gli stessi sentimenti a migliaia di chilometri di distanza…
Ma ora mi sto dilungando, la fantomatica campanella sta per suonare, segnando così il termine delle due realtà quotidiane, e mentre io mi affretto per non perdere il solito pullman, il mio collega sta per intraprendere una ben più lunga e differente anabasi.
Niccolò Stomeo (2B)