La mattina del 16 Novembre siamo entrati in classe diversi, qualcosa in noi era cambiato, non eravamo più gli stessi che venerdì 13 avevano lasciato il Convitto Umberto I, proprio un venerdì tredici per una parte del mondo non troppo lontana da noi e cioè la Francia, infatti l’attentato alla capitale francese, la città dell’amore, ci aveva ,in qualche modo, cambiato, non so dire se in meglio o in peggio…
Proprio la città dell’amore, il sentimento trionfante sul male, era stata vittima di attacchi terroristici, poi rivendicati dall’ISIS. Ma questa non è una favola, qui l’amore sembra non vincere, qui la guerra e la morte sembrano essere le uniche cose che contano, chiedetelo a quelle 129 persone, indifese, allegre…chiedete loro se è una favola, una storia da raccontare.
In classe l’argomento dominante di tutta la mattinata è stato proprio questo, l’attacco, la paura, la forza di reagire e la solidarietà, una solidarietà dimostrata da tutta la Francia; ma non solo infatti anche nel resto del mondo, compresa l’Italia, davanti a tutte le ambasciate francesi sono stati depositati bigliettini, preghiere, fiori.
Il minuto di silenzio è stato un momento davvero emozionante, un momento di riflessione, quasi di preghiera, un momento triste, ma anche di riscatto, una profonda voglia di rivincita.
Tutti abbiamo paura, indubbiamente, ma nonostante ciò iniziamo a parlare di questo delicato argomento durante la lezione di italiano, cominciando una pseudo-intervista nella quale ci poniamo delle domande, molte volte causa di divergenze nella classe.
La prima domanda è stata: come sei venuto a conoscenza di questo terribile avvenimento e a cosa hai pensato subito?
La maggior parte della classe stava guardando il televisore quando le edizioni speciali del Tg hanno interrotto tutte le programmazioni sulle reti nazionali e le televisioni private.
Ma, come sempre, ci sono anche storie particolari, per esempio quella di M., un amico del quale si trovava allo stadio ed è dovuto fuggire insieme alla moltitudine di persone presenti quella sera per passare una giornata in compagnia di parenti o amici assistendo a un’amichevole tra la Francia e la Germania.
Un’altra particolare storia è quella di S., svegliata alle 2.00 del mattino da una sua amica in gita a Parigi, che voleva avvertirla di essersi salvata.
La polizia e lo stato francese hanno agito bene?
Alla seconda domanda non è stato facile rispondere, in quanto quasi tutti erano d’accordo sul fatto che lo Stato non aveva previsto minimamente l’attacco ma dopo è riuscito a contenere molto bene una situazione che poteva essere veramente una carneficina più di quanto non lo sia già stato.
A parere di molti desta stupore il fatto che, nonostante ci fosse un capo di stato all’interno dello stadio, la sicurezza non è riuscita a localizzare i possibili attentatori.
Molti ragazzi dicono che la Francia e l’Europa in generale non siano abbastanza rigide sui controlli alle frontiere ma altri controbattono, dicendo che tre degli attentatori erano francesi e che alle frontiere non si riconoscerebbe un papabile terrorista in quanto le armi e tutto l’equipaggiamento per un attentato vengono forniti in Francia o in Belgio.
Se succedesse in Italia, ci sarebbe la stessa solidarietà che si è mostrata attraverso l’hashtag “porte aperte”?
Su questo punto sono tutti d’accordo; a parere di molti la solidarietà e l’unità ci sarebbero anche se qualcosa succedesse in Italia, però qualcuno sostiene che la solidarietà non ha cambiato il fatto che delle persone siano morte.
Che cosa si potrebbe fare per cercare di fermare o diminuire gli attentati?
A questa domanda ci sono state svariate risposte, tra cui lo sterminio di massa e la completa perdita di privacy, ma qualcuno ha anche fatto presente che una linea pacifico-militare in quei territori da parte dell’ONU o della NATO sia la soluzione migliore.
Secondo voi, a cosa porterà il bilaterale tra Obama e Putin?
Indubbiamente porterà alla guerra, questa la risposta più gettonata. Alcuni però pensano che trovare un accordo comune potrà almeno rendere quanto meno violento questo intervento.
I possibili terroristi potrebbero arrivare sui barconi tra i profughi?
Sì, potrebbero arrivare, obbietta qualcuno, ma non possiamo lasciarli morire in mare, ci vogliono solamente più controlli e più rimpatri; molti però sostengono che i terroristi sono già qui e quindi bisogna concentrarsi, con i servizi di intelligence, sulle comunità islamiche, cercando di rimpatriare ogni persona che potrebbe essere in qualsiasi modo pericolosa.
Se per caso ci fosse il caso del rimpatrio per errore di innocenti lo si potrebbe tollerare?
Assolutamente si.
Queste sono state le opinioni della classe subito dopo l’accaduto; una classe può rispecchiare l’Italia intera?
Andrea Gallo (1D)