Non è troppo presto per inchiodare il tempo.
Non è troppo tardi per stravolgersi l’esistenza.
È ora di cominciare a fare qualcosa.
Martin Obstur pensò questo.
Non sono in ritardo. Il momento è quello giusto. È ora. È ora!
Martin Obstur s’alzò dalla panchina rossa, si tolse la giacca e la piegò, riponendola con precisione maniacale sopra la sua valigetta.
Mentre il cuore e la mente di Martin Obstur vorticavano e acceleravano in preda alla forza centrifuga dei suoi sconvolgimenti interni, il suo fare esteriore risultava, forse per controbilanciamento, calmo e pacato.
Levò il cappello. Lo poggiò sopra la giacca.
Si slegò la scomoda cravatta a righe dal collo e quella invece la gettò con rimprovero sui binari della metro.
Dopodiché, chiudendo gli occhi, si gettò pure lui sotto i vagoni dell’espresso linea blu delle 12 e 47.
Alla fermata successiva, due anziani, rispettivamente il ragionier Pori e l’avvocato Umbrelli, emigrati dall’Europa in tempo di guerra, presero a discutere.
“Ma… brutti fiji de na mignotta!”
“Che succede, avvocato?”
“Ma come che? Stava in arrivo e mò è sospeso? Sospeso me cojoni!”
“Si calmi, vedrà che è solo un guasto temporaneo, lo ripareranno in fretta.”
“Per na volta che non stava in ritardo! Stavo quasi per crederci, mortacci loro …”
“La speranza, caro avvocato, è morta col primo che un giorno s’è svegliato ed ha inventato l’allevamento.”
“Ma Pori, che sta a dire?”
“E dall’allevamento alla proprietà privata, al soldo, agli affari e alla fretta sul lavoro. Se restavamo cacciatori – raccoglitori tutta ‘sta merda ce la risparmiavamo e sarebbe stato meglio …”
“Stronzate, caro Pori, sta dicendo cazzate. E intanto io sto inculato.”
“Ma se l’immagina, avvocato, vivere in sincronia con i cicli naturali? Queste sciocchezze di ritardi sarebbero diluiti e impotenti, e su tutto … regnerebbe una bella calma.”
“See, see … vabbè, guardi, ne sta arrivando un altro sull’altra linea, pijamo questo, forza, si sbrighi.”
“Lo sa … a me tutta sta violenza del tempo … sta iniziando a stare un po’ stretta.”
“Stretta? Evabbè, ragioniere! Nel corso della vita uno ci si adatta, lo sa no? E io e lei di vita ne abbiamo vista, son problemi da bambini quelli! Li lasci a loro e si muova, daje, dajee!”
“Credo che … sia finalmente giunta l’ora. Sì.”
“Ma che ora? Che oraa??”
“Quella giusta, caro Umbrelli. L’ora giusta.”
Il ragioner Sergio Pori diede una pacca fraterna sulla spalla dell’avvocato Antonio Umbrelli, poi, aperto un sorriso sereno, si gettò sotto i vagoni della linea verde delle 12 e 55.
Guido Bertorelli