E se Steve Jobs fosse stato italiano?

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fiocco neroOrmai possiamo parlare di spettacolarizzazione della notizia che il più delle volte coincide con le vicende connesse alla morte di qualcuno.
Il trapassare è diventato un vero e proprio cult mediatico e non ha importanza se per cause naturali o traumatiche, perché quello che sembra fondamentale è passare a miglior vita scatenando passioni, morbosità, rimpianti e quant’altro raggiungendo il maggior numero di persone.
Dai telegiornali, ai quotidiani, ai periodici, alla radio, al web tali avvenimenti provocano un’ondata di servizi che portano “le morti prescelte” come mezzo favorito per aumentare le vendite e veder salire l’audience.
Queste notizie sono proposte perché riguardano personaggi già noti oppure che hanno le caratteristiche necessarie per divenire oggetto di mitizzazione perché non tutti sono degni, per così dire, di diventare delle celebrità del passaggio all’aldilà. Infatti la maggior parte degli avvenimenti tragici che vedono come protagonisti persone comuni, come i due operai morti in un pozzo a Somma Vesuviana giorni fa, non hanno suscitato la partecipazione emotiva che, invece, è stata fortemente sentita per Simoncelli.
Per le malattie del duo Gattuso – Cassano si sono sprecate conferenze stampa, carrellate di personaggi famosi e innumerevoli interventi nelle più svariate trasmissioni, al contrario sembra poco rilevante che decine di ex calciatori, soprattutto degli anni 70, scivolati nell’oblio dopo essersi ritirati, siano affetti da SLA (sclerosi laterale amiotrofica) a causa forse di qualche pratica erronea effettuata durante la loro carriera e ora, relegati su una sedia a rotelle, attendono la morte che, probabilmente, porterà loro una nuova ventata di celebrità.
Lo stesso discorso vale per i militari che quotidianamente rischiano la vita nelle zone di guerra e ottengono una triste fama solo quando calpestano una mina o sono vittime di attentati. Mentre quelli malati di cancro, contratto per essere stati a contatto con bombe all’uranio impoverito in Bosnia piuttosto che durante le esercitazioni in Sardegna, ora, abbandonati al loro destino, lottano sconosciuti contro lo Stato per veder riconosciuti i propri diritti.
Inoltre che differenza c’è tra il volontario della protezione civile morto per cercare di aiutare il prossimo durante l’alluvione in Liguria, subito dimenticato, e il motociclista della moto GP, osannato per giorni? Entrambi erano degni di un rispettoso commiato che non si trasformasse in un trafiletto striminzito in un fondo pagina, nel primo caso, o in morbosità collettiva e spettacolo mediatico culminante con la celebrazione in diretta delle esequie, nel caso del secondo.
Perché le persone sono spinte a voler sapere ogni minimo dettaglio dell’omicidio di Sara Scazzi come si trattasse dell’episodio n°7 dell’ultima stagione di CSI? Che gusto macabro spinge ancora oggi turisti a visitare la villetta di Cogne invece che le piste da sci di fondo? A ricordare Novi Ligure più che per il cioccolato per Erika e Omar?
La percezione del reale sembra sempre più vaga e annebbiata e i media fomentano questa distorsione presentando le notizie principali quasi come una carrellata delle prossime uscite al cinema quale che sia il genere di annuncio proposto: dallo sport all’omicidio.
Tutto questo sembra essere l’esito di una sorta di isteria collettiva che pervade la maggior parte della popolazione che pare più interessata a conoscere i dettagli dei fatti di cronaca per intrufolarsi nei minimi particolari della vita privata di qualcuno per chiudere gli occhi di fronte al peggioramento delle proprie condizioni.
Tutto questo proporre e riproporre notizie di per sé fini a se stesse non potrebbe essere considerato forse un modo per distogliere l’attenzione dai malesseri che affliggono sempre più la società italiana come, per citarne alcuni, l’aumento della disoccupazione giovanile, i periodi sempre più lunghi di cassa integrazione e le condizioni della scuola pubblica?

Monge Carlotta (5C)

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