18 settembre.
Dal 1811 nel paese più lungo del mondo si festeggia l’anniversario della prima Giunta del Governo, il primo passo verso l’indipendenza dalla corona spagnola, ottenuta 7 anni più tardi, il 12 Ottobre 1818. In tutto il Cile si vive una frizzantissima atmosfera di festa: le strade si riempiono di bandiere, di venditori di empanadas e altri cibi tradizionali. Nell’aria alleggia il profumo della carne grigliata, che in questa data non può assolutamente mancare.
Questa celebrazione dura un’intera settimana, ma i preparativi e l’attesa iniziano mesi prima. In qualsiasi momento dell’anno, che sia inverno o estate, parlando di organizzare qualcosa “por El Dieciocho” ogni cileno ha ben chiaro che l’oggetto della conversazione è il 18 Settembre.
Due espressioni della cultura cilena sono presenti in ogni città in questo periodo: le “fondas” o “ramadas” e i “Huasos”. Le prime sono luoghi dove si vendono cibo e bevande locali e in cui non mancano mai musica, carne e vino, consumati in grande quantità da tutti i cittadini; i secondi sono letteralmente gli “uomini a cavallo”, che insieme alla loro controparte femminile, vestiti con abiti tradizionali, ballano la “Cueca”, il ballo nazionale, che si insegna nelle scuole fin dalla più tenera età.
Questo ballo rappresenta il corteggiamento del gallo alla gallina, da cui trae infatti il nome: l’uomo si tiene sempre vicino alla donna, mentre la controparte femminile, sempre con atteggiamenti provocanti, si tiene a debita distanza. Mentre danzano, entrambi i ballerini fanno ruotare un fazzoletto sopra la testa. L’abbigliamento è caratterizzato da camicia, pantaloni di tinta chiara, sombrero, poncho e scarpe con speroni per gli uomini, mentre le donne indossano un vestito al ginocchio, dalla gonna ampia e la vita stretta, chiamato “vestido de Huasa”.
La giornata è quindi ricca di usanze e tradizioni secolari. Tuttavia, se si analizza più a fondo l’aspetto sociale della celebrazione, si nota che, soprattutto tra i giovani, non vi è più interesse per la motivazione originaria della festa. Molti, infatti, neanche sanno cosa si stia festeggiando, semplicemente bevono e mangiano, coscienti solo del fatto che per qualche giorno non dovranno andare a scuola o a lavorare. Sembra quasi una festa popolare, senza nessun significato storico, e per questo non mancano le lamentele da parte dei più anziani, nostalgici di un sentimento di unione sotto un’unica bandiera che in passato si respirava il dieciocho.
Anche nelle scuole non si approfondisce più di tanto il tema: si festeggia, si tappezzano le aule con decorazioni bianche, rosse e blu, si organizza uno spettacolo in cui ogni classe presenta un ballo tradizionale, che si prepara per mesi. Ma non si parla di storia, non si indagano le radici, non si sente il nome di Mateo de Toro Zambrano, il Presidente della prima Giunta di governo. Molti pensano addirittura che sia l’anniversario dall’indipendenza.
Solo il giorno dopo, il 19 settembre, si respira un po’ lo spirito nazionale, quando sono tutti incollati alla televisione per vedere la sfilata delle forze armate in occasione del “Giorno della Gloria dell’Esercito”. A Santiago, di fronte alle più alte cariche istituzionali e a milioni di telespettatori, dopo che i migliori ballerini di Cueca hanno eseguito la loro performance, i tre corpi delle Forze Armate, Ejército, Armada e Fuerza Aérea, seguiti dai Carabineros, sfilano con incredibile ordine e precisione, rendendo fiero ogni cittadino cileno,
Sono giorni in cui lo Stato più lungo del mondo si accende, prende vita in una forma completamente diversa rispetto a qualsiasi altro periodo dell’anno. Sono giorni che nessun cileno vuole perdere, giorni in cui nell’aria, nonostante un po’ di memoria storica traballante, si respira il vero Cile.
Gabriele Pujatti, corrispondente dal Cile