Scorrono, scorrono i paesaggi.
Scivolano via attraverso i finestrini del treno,
io non vedo null’altro che verde speranza e rosso terreno.
I fiori che emanano profumo disperso nell’aria fresca,
il mio cuore si tuffa in una finestra
finestra di cielo mi han raccontato
finestra che da su un giardino incantato.
Corre via il mais e fugge il grano
ed in lontananza il paesaggio montano,
che passeggia con le colline,
che vogliono sempre esser sempre le prime.
Nuvole soffici come il cotone,
leggere e spumose come il sapone.
I lunghi filari che saltano il sole,
il grande bosco e fruscia e si muove;
ondeggia piano,
come il mare che ho lasciato lontano.
Ed inizio ad osservare, disseminate, le case campagnole
circondate da campi, giardini ed aiuole
con fiori di ogni colore e dimensione,
che vivacizzano la visione.
Ed a volte sbuffa e si ferma, il lungo treno,
stanco sobbalza sul terreno.
Poi tutto scompare e si arriva in città;
non più campi ma alberelli qua e là.
Non più corsi né giochi dai finestrini
ma capannoni lontani e vicini.
Industrie e fabbricati,
che i paesaggi han già rovinati.
Mi rendo conto di come l’uomo abbia perso ragione,
da campagna a città, mutando stagione.
Beatrice Cagliero (2B)