Gli anime, che ci piaccia o meno, li abbiamo visti tutti ( o quasi): Holly e Benji, Mila e Shiro, Lady Oscar, Georgie, Pollon solo per citarne alcuni. Ammetiamolo: alcuni di questi hanno segnato la nostra infanzia, e da bambini, questi sembravano alcuni dei più begli spettacoli da vedere in TV.
Oggi, tuttavia, l’immaginario che viene dato di loro e dei manga, la versione cartacea da cui vengono tratti, è andata con il tempo peggiorando, perché?
Sembra che rispetto ai “vecchi standard” , quello che vediamo noi oggi siano anime che coinvolgono sempre più spesso scene “inopportune”.
Analizziamo la situazione: sembra che adesso, a quanto riportano le critiche online, dietro l’immagine femminile ci sia un’implicazione sessuale, che siano troppo violenti o che il loro linguaggio sia eccessivamente “scurrile”, sebbene non siano molto diversi dagli anime di ieri.
Un esempio?
Pollon e Georgie contengono diverse scene di nudo.
C’è uno standard unico nell’industria degli anime riguardo cosa è accettato e cosa non lo è, tra gli anni ‘80 e ‘90, molti di questi sembravano essere in grado di ottenere il via libera senza creare troppe polemiche ma con il maggior rilievo acquisito nell’ultimo decennio sono aumentate le attenzioni nazionali e internazionali.
Non sono gli standard a essere cambiati ma le televisioni ad essere diventate più consce di quello che trasmettono. Dall’inizio del 2000, molte trasmissioni di anime in Giappone sembrano essere diventate più caute, probabilmente a causa delle critiche mosse da genitori e spettatori occasionali.
Nel 2004, Fuji TV ha istituito una politica di pesante controllo degli anime mandati in onda, seguita a ruota da altre emittenti.
Un esempio? Carino il sangue fucsia dei personaggi di Danganrompa, troppo fashion. Senza andare per il sottile si parla anche, e soprattutto, di scene esplicite. Gli standard delle trasmissioni sono simili a quelli americani, sebbene il Giappone sia di manica un po’ più ampia sugli stessi argomenti: per intenderci, stesse tematiche, pesi diversi; nudo gratuito ed esplicito, sessualità aperta e violenza intensa sono i campi in cui comunemente agisce la censura.
La censura è da condannare in quanto nega una delle libertà primarie dell’uomo ossia quella d’espressione. Se una serie non rispetta i target di una rete televisiva, che senso ha trasmetterla censurata? Dopotutto se un prodotto nasce così, anche con scene di sangue/violenza fini a se stesse, è parte integrante del tutto e non va cambiato.
Il problema vero è che non sono solo gli “anime”, questi subiscono censura varia e indiscriminata perché sono una forma d’ arte per alcuni “inadatta”. Forse è giusto ricordare il caso Jeff Koons, il quale, negli anni 90’ si arricchì con un’opera che lo ritraeva esplicitamente a letto con la moglie Ilona Staller. Il lavoro, dopo essere stato presentato alla Biennale di Venezia nel 1990, rese la pornografia ufficialmente arte.
Dov’è la grande differenza tra il lavoro di Koons e gli anime di oggi allora? La televisione mostra rapporti sessuali appena coperti da lenzuola; baci appassionati; persone che uccidono, che insultano, utilizzando linguaggi scurrili che rasentano la blasfemia e nessuno dice nulla.
Che differenza c’è allora fra il grande Lupin III di Monkey Punch che occupava i pomeriggi degli anni ‘80 su Italia Uno e il Professore de La casa di carta in onda su Netflix di cui tutti attendono con trepidazione l’uscita dell’ultima stagione?
Elena Vaudetti