Mancava di pennelli, di colori, nessuna tela eppure dipingeva. Era come se il suo corpo fosse dotato di una propria atmosfera che, con quell’offuscato disegno, inquinava; come tagliare le proprie radici prima di piombare a terra. Ma le piaceva, osservava l’interno delle palpebre per trovare altra ispirazione, per dipingere ancora. Sulle labbra poggiava il mondo, dalle labbra liberava arte.
Separava le ciglia per osservare, ammirare, distruggere poi generare nuovamente. Interrompeva il respiro per sentire lo scorrere della morte oltre la carne, come la vedeva viaggiare di fronte a sé. E con gli occhi cercava l’Ade, un sorriso macabro le invadeva il volto. Sapeva di corrodersi, ma non aveva timore. Aveva trovato il suo rifugio e non si trattava di un luogo.
Aveva trovato il suo rifugio nelle quotidiane dosi di nicotina.
Diana Ciobanu (1B)