A Bali si è svolta l’ultima riunione del G20 che sembrerebbe avere portato una svolta nelle gerarchie mondiali e l’ufficializzazione di un ordine economico globale.
Ciò che più risalta del confronto di Bali è senz’altro il bilaterale, durato più di tre ore, tra le due maggiori potenze economiche mondiali: gli USA di Joe Biden e la Cina di Xi Jinping. Nella stretta di mano tra i due leader, ripresa dai maggiori quotidiani mondiali, è racchiusa l’attuale organizzazione mondiale: la Cina si candida a sostituto di una debole Russia nello scacchiere globale e si contrappone, in un bipolarismo economico, agli Stati Uniti d’America. Bisogna però essere cauti nel parlare di dualismo: se è vero che sul piano economico i due stati si trovano in una relazione costante da diversi anni, sul piano politico e legislativo, gli Stati Uniti e la Cina si trovano agli antipodi; si nota dunque un peculiare paradosso nel colloquio tra i due presidenti.
Biden, da una parte, ha riconosciuto la Cina come unica potenza comparabile agli USA, e ha iniziato a tracciare una via per una competizione economica sana, che non sfoci in un conflitto. Il leader di Pechino, in risposta, ha affermato anch’egli che la strada per la collaborazione economica e ambientale è aperta, ma a patto di evitare l’interferenza di una delle potenze negli affari interni dell’altra. Tali frasi sono una svolta fondamentale nel confronto tra i due stati: in altre parole è un divieto per gli Stati Uniti, così come per altri potenziali partner economici, di intervenire sulle questioni della libertà e dei diritti umani tanto rimarcata nei dibattiti precedenti tra i leader.
Per poter collaborare con la Cina, il governo americano dovrà dunque dimenticare la crisi umanitaria degli Uiguri, “rieducati” nei campi della Cina occidentale, e la spinosa questione dell’indipendenza di Hong Kong; ma soprattutto la tensione con l’isola di Taiwan, sempre stata il maggior punto di rottura nei confronti degli ultimi anni. Dall’altra parte, la Cina non si intrometterà più in questioni altrettanto delicate come l’interferenza statunitense in America latina e in Medio Oriente.
La contraddizione in questo discorso è evidente: pensando in questi termini, il denaro e lo sviluppo economico sembrano avere più peso dei valori morali, che sono parte essenziale della cultura di Paesi e individui, e ci rendono esseri umani. Tale mentalità è perfettamente conforme alla via intrapresa dalla società odierna, ma possiamo dire che sia giusta? L’ossessione per il denaro e la voglia spasmodica di doverne guadagnare sempre di più vengono ormai trasmesse con il latte, e i sogni, le passioni e le virtù vengono accantonati perché nella vita non servono o non portano soldi a casa. La forma mentis globale porta a una pericolosa cecità morale tramite la quale dimentichiamo chi abbiamo davanti, pur essendo in pieno conflitto con le nostre convinzioni e con le scelte che abbiamo preso per essere chi siamo.
Ci troviamo ogni giorno a tu per tu con questa realtà, e con persone “accecate” dallo scintillio del denaro; ma vedere una tale negazione di valori e idee anche nelle strette di mano e nei sorrisi di coloro che hanno il compito di cambiare questo mondo fa sinceramente rabbrividire chi di valori e idee ne ha ancora, e non vuole diventare cieco.
Sebastiano Scali