Gelosia

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gelosiaDai più profondi ed oscuri meandri della mia mente, dalle viscere del mio corpo, sale uno strano sentimento. Un fastidioso prurito, come una puntura di zanzara, che s’insidia all’interno della mia persona. Questa bestia interiore, che mio malgrado vuole uscire, è insidiosa, spaventosamente vera e concreta, morbosamente persuasiva: è l’incubo e il sogno allo stesso tempo.

Si libra in aria come una pianta carnivora. Come un ragno che tesse la sua tela ai raggi del sole. Così la creatura prende forma e si impadronisce del suo stesso creatore.

Ebbene, anch’io per una sola volta nella vita vorrei sentirmi come coloro che possono. Coloro che, se vogliono una cosa, se la prendono e basta. Il desiderio è un sentimento non concretizzabile per tutti.

Per questo il mostro cresce, si contorce e respira. Sento il suo respiro come una canzoncina lugubre.

E poi, così, in un impeto folgorante, capisco che io stessa sono il mostro. Capisco di voler essere quel mostro per poter almeno immaginare di poter essere ciò che non sono, poter avere ciò che non ho, poiché a volte la vita mi rende triste. La propria esistenza è così difficile da affrontare. Così monotona, ma soprattutto così schifosamente vera. E non la si può riporre in un cassetto come con i desideri o con i sogni, ma la si ha sempre davanti agli occhi in tutta la sua immensa tristezza e crudezza.

Eppure è anche così schietta.

Essere ciò che non sei aiuta a scaraventarti fuori dalla realtà. Ma purtroppo, o per fortuna, dalla realtà non si può scappare. Così il mostro muore.

Ma non per sempre.

Carolina Sprovieri (3B)

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