Generazione K

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scritte-animate_1435534728_tvukdb “Ma senti questo! Come ti permetti?” “Dai, scherzo, lo sai che t.v.b.”.
Ormai i giovani tendono a fare economia delle proprie energie in qualunque modo possibile. Negli sms (già abbreviato di per sé) la parola più lunga è forse di quattro caratteri. Il tenero ti voglio bene è diventato un cortissimo t.v.b. e il romantico “ti amo tanto” si è convertito in un misero t.a.t. che appare con una scrittura in stampatello minuscolo sullo schermo di un cellulare a colori da minimo 300 €, che però non trasmette emozioni.
Il modo giovanile di comunicare  è ormai cambiato: le lunghe lettere piene di notizie sono state soppiantate da e-mail di poche righe o da telefonate di quattro ore perché tanto “la ricarica la fa il papi”. A volte però il nascondersi dietro un telefonino non basta e per esprimere i propri sentimenti si usano i muri. Sarà colpa di Federico Moccia che nel tentativo di far arrivare i cuori dei protagonisti del suo libro “tre metri sopra il cielo” si è accontentato di una bomboletta spray colorata e di un cavalcavia.
Il fare graffiti è ormai diventato un’arte; vi sono scuole specializzate e forse può anche essere considerato uno stile di vita. Il proposito di modificare le facciate di palazzi e opere d’arte non piace proprio a tutti e c’è chi si è organizzato per riportarle al loro colore originario: I Graffiti Busters; camioncini bianchi pieni di spazzoloni e prodotti ad hoc che girano per l’urbe nel tentativo di eliminare dei fantasmi non proprio trasparenti. I writers o graffitari possono essere riconosciuti anche dall’abbigliamento, inchiodati a dei canoni che permettono l’identificazione di uno stile. Se pantaloni larghi e scarpe da skate vogliono dire Murales, allora un cappellino storto abbinato ai suddetti accessori vuol dire rap; un modo di cantare in rima, parlando( o cantando, va ad interpretazione) velocemente a ritmo di musica; il poetare del XXI secolo. Questo modo di esprimersi ha avuto tanto successo da diventare soggetto di vere e proprie competizioni chiamate Slam: sfide a colpi di rap. Un esempio di queste è stato formito dalla cinematografia
straniera  con il film “8 Mile” prodotto da Eminam, il cantante americano biondo che si è guadagnato da vivere tra una rima e l’altra; criticando la reginetta del pop Britney Spears e trattando argomenti anche un po’ meno frivoli.
Tornando ad abbreviazioni e nuovi stili di scrittura questa può essere considerata la “generazione K” in quanto questa lettera, ormai inutilizzata, ha intasato la casella di sms inviati e ricevuti; l’utilizzo di questa è volto a rendere l’invio dei messaggi più rapido, visto che risulta più semplice e più veloce digitare un “xk” piuttosto che “perché”. Questa modernizzazione del linguaggio si è però rivelata un’arma a doppio taglio: le abbreviazioni sono comodissime anche nello scrivere appunti o nella brutta di un tema, peccato che molte volte risulti difficile rinunciare a questo agio, così i “x” e le “k” vengono a trovarsi involontariamente nella copia ufficiale di un saggio breve o di un articolo, cosa che promette un voto non certo desiderato. Che sia un due o, in uno slancio di bontà, un tre, passato lo sconforto iniziale, i teen-ager di tutta Italia usciranno da scuola con lo zaino in spalla , come sempre, il cellulare in mano, e un sms già pronto: “ciao bella, cs facciamo stase? kiamami qnd puoi. Tv1kdb”.

Nastassia Aldanese (3C)

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