Il giornalismo, come la libertà d’esprimersi ed informare, si può dire che nasca nel 1644, quando John Milton pronunciò il suo celebre discorso “ A Speech for the Liberty of Unlicensed Printing”: da allora, come avviene in qualsiasi altro contesto nella storia dell’uomo, giornali e reporter hanno visto susseguirsi numerosi cambiamenti, vi si sono adattati, hanno cercato di stare al passo con i tempi e hanno imparato a confrontarsi con le nuove tendenze, testimoni instancabili di un mondo in continua evoluzione.
Sono esistite e tutt’ora esistono figure di spicco, spesso eccentriche e segnatamente geniali, che hanno letteralmente firmato la storia del giornalismo, come Enzo Biagi, Julian Assange, Joseph Addison, Adolf Brand o Arturo Pèrez Reverte, i quali si sono fatti carico del peso della testimonianza, hanno sentito proprio il bisogno d’informare il mondo su quanto apprendevano e su quanto avevano modo di sapere, cercando di essere il più accurati e meticolosi possibili. Un giornalismo però che richiede spirito di adattamento, per vivere il cambiamento, saperlo riconoscere, raccontare al meglio ed essere sempre in prima linea.
La nostra generazione, la cosiddetta “generazione digitale”, segna una nuova tappa nella storia del giornalismo. Con l’avvento di Internet, da qualcuno in origine considerato solo una bolla destinata a scoppiare, il mondo dell’informazione è stato di fatto scisso in due parti: il giornale cartaceo, dal costo modico, e il giornale online, costituito da tre elementi che lo rendono facilmente accessibile a tutti: gratuità, comodità di fruizione e immediatezza della notizia. Se da un lato, infatti, il giornale cartaceo significa spesa e necessità di spostamento fisico, dall’altro un sito web permette di informarsi senza spese apparenti e restando comodamente sulla propria poltrona.
Per questo motivo, c’è chi crede che il giornale cartaceo si estinguerà, o se resterà, sarà comunque un prodotto di nicchia, un oggetto elegante, un accessorio alla propria persona e non più quell’elemento indispensabile per la vita di tutti i giorni, fatto per pochi nostalgici destinati nel tempo a scomparire.
Bisogna tuttavia stare molto attenti ad appiattire in questo modo la situazione, perché è vero che il numero quotidiano di copie vendute è drasticamente diminuito, ma non significa che questo andamento sia destinato ad essere esponenziale: esiste una grande distanza fra giornale online e giornale tradizionale.
La principale differenza è sottile, ma tutto sommato abbastanza notevole: al di là del costo, al di là della scomodità del dover andare in edicola a comprarlo, la parola “giornale” attiene da sempre al campo semantico dell’informazione, rinvia ad un momento della giornata destinato all’approfondimento, all’apprendimento se vogliamo, che consiste nel ritagliarsi mezz’ora in cui sedersi in poltrona e dedicarsi a se stessi.
“Giornale”, è tornare a casa la sera e parlare del “Buongiorno” di Gramellini, certi che buona parte dei componenti della famiglia l’abbiano visto, oppure farsi spiegare bene i fondamenti che hanno portato alla nascita dell’ISIS; “giornale” è vedere quel film che la critica ha recensito tanto male, tanto si sa che “i gusti dei critici incarnano l’anticristo dei gusti della nostra famiglia”, o scoprire che ieri, mentre dormivi perché il giorno dopo ci si sveglia presto, la tua squadra preferita ha segnato quel goal decisivo a vincere la partita.
Leggere il giornale significa dare uno spazio alla cultura che altrimenti non ci sarebbe, significa trasmettere questa cultura, rielaborarla, spalmarla su ogni aspetto della nostra vita e, in qualche modo, farla nostra.
Il giornale web, invece, soddisfa quel bisogno compulsivo (?) tutto nuovo di avere le informazioni in maniera quasi istantanea, nello stesso tempo zero ora definito “tempo reale”, di fatto rendendo la vita del giornalista una continua corsa allo scoop, instillandogli la dottrina dell’ “arrivare per primo” ancora prima, costringendolo a diventare irriguardoso nei confronti del lutto, del dolore e della privacy, trasformandolo in una versione più stressata di un paparazzo, il “paparazzo della strada”.
E, come un paparazzo, il giornalista perde di vista il suo vero obiettivo: la precisione maniacale, spesso scrivendo pezzi in tempi brevissimi, senza avere modo di rielaborare le informazioni e poterle magari contestualizzare per davvero.
Nascono e proliferano pagine quasi prevalentemente scandalistiche dai nomi semplicistici fatte di articoli dozzinali e poco curati, pensati per essere scorsi rapidamente, che non tendono all’approfondimento; i suoi giornalisti scrivono non più in nome di quell’ideale che muoveva gli illustri personaggi sopra citati, ma spinti dal bisogno di trovare followers, grazie ai tag opportunamente selezionati per attirare come in trappola l’utente di turno e ottenere maggiori visualizzazioni.
L’obiettivo ultimo dell’articolo web è essere condiviso: quando un articolo viene condiviso significa che altre persone lo vedranno e magari a loro volta lo condivideranno, dando modo alla testata di vantare un numero cospicuo di visite quotidiane e sbarcare il lunario grazie alla pubblicità.
Fa sorridere la coincidenza che il secondo nome di “pagina” sia “piattaforma”: non c’è modo migliore di descrivere un sistema che abbatte di fatto ogni sorta di spessore e accuratezza, ideato e realizzato per propinare scritti improntati alla mediocrità, col fine di ottenere denaro.
L’articolo online è dunque dispersione, un eterno tiro alla fune i cui protagonisti sono gli stessi utenti i quali, ignari, si lasciano facilmente abbindolare da quelle che, mascherate da notizie, spesso altro non sono che grovigli di belle parole con l’unico intento di accalappiare, letteralmente, nuovi followers.
Non è dunque tutto oro quello che luccica.
A mio avviso, il futuro del giornalismo sta nella sintesi, nel compromesso e nel dialogo fra tradizione e progresso: siccome oggi si punta tutto sulle nuove tecnologie, io finanzierei un progetto che porti a realizzare un supporto di buona qualità e molto versatile, adatto e adattabile a ogni tipo di superficie.
L’idea ricalca a grandi linee quella di un proiettore il quale, applicato a fogli di carta, fissato a pareti o appoggiato su sostegni, di fatto riproduca i contenuti dettati da una scheda madre collegata al web.
La differenza da un qualunque tablet, da un qualunque smartphone, da un qualunque computer? il fruitore non potrà interagire con quanto gli viene proposto, potrà solo scorrere i contenuti grazie a particolari comandi presenti sul supporto stesso, e inoltre gli articoli che verrà chiamato ad esaminare non apparterranno a una qualunque testata giornalistica presente sul web, ma ciascuna di esse potrà sviluppare la sua propria scheda che permetterà al supporto di connettersi con un proprio interfaccia gestito da giornalisti professionisti, che cureranno contenuto, forma e stile senza ritrovarsi con quell’acqua alla gola che dequalifica di molto il ruolo del reporter.
Vi si potrebbe comodamente accedere dal divano di casa, senza sforzo, il prezzo sarebbe modico perché i costi di carta e inchiostro sarebbero abbattuti praticamente del 100% e i metodi di pagamento sarebbero vari e agevoli in quanto esisterebbero abbonamenti annuali, mensili e settimanali, si potrebbero acquistare ricariche in edicola e in tabaccheria e inoltre, sfruttando la crescente smalizia per i pagamenti online, sarebbe facile trovare pacchetti giornalieri acquistabili su Internet.
(Si potrebbero offrire, in aggiunta, degli “speciali” consultabili solo dopo aver visionato spot pubblicitari non più lunghi di 60 secondi, ma si tratterebbe in ogni caso di surplus e in nessun modo il contenuto stesso dell’articolo dovrebbe risultare lacunoso o incompleto: grazie ad un comando del supporto, l’utente deve poter esser libero di scegliere se prender visione o meno di quello che passerebbe come un ulteriore, e gratuito, approfondimento dell’argomento trattato.)
Un tale supporto sarebbe in tutto e per tutto assimilabile ad un quotidiano odierno, l’impostazione delle pagine dovrebbe restare esattamente la stessa per non snaturare l’idea che ha dato origine a questo progetto: conciliare la comodità del quotidiano web con i contenuti del cartaceo.
Molte sono le vie che sta prendendo la parola scritta, e altrettante sono le innovazioni che si stanno sviluppando per favorire la diffusione delle notizie: carta cancellabile con la luce per limitare lo spreco di risorse, i web robot per sostituire i giornalisti o l’alternativa web Labsense, il “Glass Journalism” ideato da Google, il giornalismo crossmediale nel quale uno stesso concetto viene sviluppato a partire da una molteplicità di forme multimediali e non semplicemente una, quale può essere il mero articolo online, il format “Hacks Hackers”, ideato negli Stati Uniti e già presentato al Festival di Perugia del 2012, il quale si occupa di riconoscere video e fotografie false o falsificate e molto altro, ma nessuno pensa a rivalutare quella che è il cardine effettivo del giornalismo e che, col passare del tempo, sta sbiadendo sempre di più, oscurato dai bagliori delle innovazioni che lo stanno di fatto soppiantando: il linguaggio.
Il linguaggio, bisogna preservarlo: è la parte fondamentale, quella che determina e caratterizza una cultura, e si porta dietro un bagaglio incredibile di tradizioni, usanze, storie che identificano un paese, e identificano le persone che lo popolano.
Scegliere di rivalutare la parola significa scegliere di rivalutare la propria individualità stessa, renderla di nuovo integra, come se il tempo non fosse mai passato.
Giornali e giornalismo, al di là del qualunquismo?
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