Guarda che Fisico 2011

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Guarda che Fisico 2011Seconda edizione, secondo anno di fila. Dopo lo straordinario successo dell’anno scorso, il 23 e 24 maggio nell’ex aula studio sono stati allestiti gli stand di GUARDA CHE FISICO 2011, esposizione di esperimenti fisici a cura dei ragazzi della 4E, di 5 allievi della 3E  e di un volenteroso della 5C, coordinati dalla prof.ssa Baderna che, come lo scorso anno, è stata la spina dorsale dell’evento. Esporre a studenti e docenti delle altre classi gli esperimenti preparati durante il corso dell’anno l’ormai noto obiettivo della mostra, abbellito però da simpatiche magliette rosse, stampate con il logo ufficiale disegnato per l’occasione dal nostro grafico di redazione, Simone Savoca, che hanno reso colorato e ancor più accattivante un lavoro di squadra partito ad ottobre 2010.

Al termine della manifestazione, subito dopo aver riportato all’ordine iniziale l’ex aula studio che è diventata spazio espositivo per due giorni, una delegazione dei “giovani fisici” è stata ospitata in redazione per un’intervista estemporanea.

Prima di tutto le impressioni a caldo. Come avete vissuto quest’anno l’esperienza che si è appena conclusa?

 Enis Ben Chahed (5C): per me, in realtà, è la prima volta, perché l’anno scorso l’ho vissuta da spettatore … ed è proprio per l’interesse suscitato dall’edizione dello scorso anno che ho contattato la professoressa Baderna e mi sono fatto coinvolgere nell’esperienza di quest’anno. Trovo che sia molto carino applicare quello che studiamo in questo tipo di piccoli esperimenti che non sono poi così tanto difficili ma decisamente efficaci per rendere le teorie studiate sui libri. Ed è anche un modo per far scoprire la bellezza e il divertimento della fisica anche a chi crede di essere meno portato per questa materia.

E invece per voi che siete già alla seconda esperienza?

Ambra Marengo (4E): be’, di certo ogni anno si migliora, si apprende di più. L’anno scorso non era andata così bene, siamo notevolmente migliorati, anche se  c’è sempre qualcosa su cui si dovrebbe lavorare più a fondo. In ogni caso è stato molto divertente e decisamente utile anche per il nostro studio. Questo tipo di manifestazione ci ha fatto apprendere a fondo, da un punto di vista pratico, una parte del programma che abbiamo studiato quest’anno  (nel mio caso quello relativo alla forza centrifuga), mediante esperimenti che ci hanno permesso di toccar con mano ciò che leggevamo su un manuale scolastico. Concordo pienamente con Enis: tutto questo fa capire meglio il mondo della fisica!

Quali sono i punti di forza dell’edizione di quest’anno e gli eventuali limiti dell’iniziativa?

Daniele Marotta (4E): innanzitutto parlare ad un pubblico della tua stessa età rende il colloquio più interattivo, e questo ci ha permesso di ampliare non solo le nostre ma anche le conoscenze dei nostri coetanei riguardo a fatti che avvengono nella fisica di tutti i giorni. Abbiamo cercato di addentrare il nostro pubblico nel mondo in cui viviamo spiegando come avvengono determinati fatti a portata di mano quotidianamente, attraverso spiegazioni “ad hoc”. Il punto di forza di questa edizione, dunque,  è stato proprio il rapporto che si è creato tra noi e i visitatori, quelli  interessati e incuriositi già dall’edizione dell’anno scorso e i nuovi arrivati, compresi anche i bimbi della scuola primaria, attratti dagli esperimenti proposti. Un altro punto sicuramente da sottolineare è la fatica. Per me è stato davvero faticoso e impegnativo spiegare ripetendo le stesse cose a diverse tipologie di persone, dai ragazzi di quinta liceo che hanno già basi più consolidate per capire al volo a una prima liceo che non le ha ancora ma che dovrà impararle presto, e l’elementari che obbligano ad un impostazione della spiegazione basata esclusivamente sul gioco per una comprensione più immediata, il più delle volte accompagnata da disegni improvvisati. Fatica mentale e anche fatica fisica una “due giorni” all’insegna della fisica, accompagnata però da un indiscutibile piacere personale.

E i limiti? Qualcosa che avreste voluto far funzionare diversamente?

Enrico Cordero (4E): sicuramente, per quel che riguarda l’organizzazione, il limite oggettivo è stato lo spazio. Esserci posizionati in posto come quello che fino all’anno scorso era l’aula studio è stato limitante viste le dimensioni dell’aula stessa. Bastavano due classi di visitatori in contemporanea per creare un po’ troppa confusione. Non si riusciva né a parlare né ad ascoltare efficacemente.

Solo una questione di spazio quindi …

EC: Sì, senza dubbio. Un altro limite, però, è legato al fatto che, dopo aver ripetuto per sei-sette volte le stesse cose nel giro di poche ore, diventa talvolta un po’ noioso “spiegare” (perlomeno questo è quello che ho provato io). Altri limiti direi di no,  l’organizzazione degli stand è stata molto buona, la preparazione anche, il divertimento e l’intrattenimento del pubblico pure.

DM: secondo me, c’è stata una piccola differenza tra la prima e la seconda edizione. Lo scorso anno innanzitutto, tolta qualche singola ora del mattino, la mostra era pomeridiana, venivano classi singole e seguivano un percorso prestabilito. Questo dava la possibilità a chi di noi non era direttamente coinvolto nella spiegazione di ascoltare quella dei propri compagni, oppure di ripassare mentalmente l’esperimento nell’attesa del proprio turno. Quest’anno, invece, le classi si dividevano in gruppi e giravano come se fosse una sorta di mercatino, quindi ogni spazio espositivo era sempre occupato tutti noi dovevano spiegare in contemporanea. L’idea è buona, soprattutto per il pubblico che riduce qualsiasi tempo d’attesa, ma non ci ha permesso di ascoltare fino a fondo le spiegazioni dei nostri compagni e quindi di “valutarci all’opera”.

EC: per dirla con una battuta, ripetere a macchinetta le stesse cose per ore ci ha fatto capire meglio il ruolo degli insegnanti, abbiamo affinato l’arte della pazienza.

EBC: soprattutto spiegare argomenti anche difficili a target diversi. Affrontare Planck con una prima elementare è una bella sfida. Per tanti potrebbe essere un limite, ma mi ha molto divertito.  Forse solo quando riesci a spiegarlo a interlocutori anagraficamente diversi tra loro vuol dire che l’hai capito davvero tu, in prima persona. Quello che può essere un limite, al contrario, a volte si rivela uno stimolo.

Qual è stato lo stand che ha avuto più successo?La mitica barchetta

In coro:  Quello della barchetta a motore … senza motore!

Solo per il pubblico più piccolo o anche per i grandicelli?

EBC: anche tra i grandi, perché una barchetta che si sposta in una bacinella d’acqua grazie ad una candela piace e diverte. La gente sorride quando lo vede e sente il rumore del motore che parte “come d’incanto”. Un altro stand seguitissimo è stato poi quello del vaso di Pitagora. Gli esperimenti più teorici sono sicuramente più difficili da seguire. Ciò che invece si applica immediatamente, come una fontana o una barchetta, colpisce subito l’attenzione di chiunque.

E la coesistenza, che quest’anno è stata una novità, di uno studente del classico con una classe dello scientifico è frutto solo di un interesse individuale? Il progetto era destinato inizialmente al triennio di entrambe le scuole, ma vista poi l’effettiva partecipazione non sembra che sia stato recepito come un progetto “collettivo”.

EBC: diciamo che sono stato coinvolto sia dall’interesse individuale sia perché l’argomento che avrei trattato è un argomento di quinta. Il mio supporto quindi poteva essere utile. Fisica dei quanti è un argomento del tutto nuovo per i ragazzi di quarta e quindi la professoressa Baderna mi ha scelto per dare una mano.

Ma il progetto aperto ai due licei vuole diventare davvero tale, oppure ormai lo sentite esclusivamente dello scientifico?

DM: l’idea nata l’anno scorso,  grazie alla prof.ssa Baderna, ha coinvolto la nostra classe perché sembrava quella più entusiasta della proposta. Avvicinandoci noi sempre di più alla maturità, e vedendo le altre classi della professoressa il risultato di quest’anno, nuovi “fisici” si sono proposti di diventare i nostri eredi. Quando il prossimo anno saremo in quinta, il fatto di doverci preparare per l’esame di stato ci impedirà di impegnare molto tempo per la terza edizione e cederemo volentieri il timone dell’organizzazione alla futura quarta. A dir la verità, non so se ci sarà un effettivo coinvolgimento di altri studenti del classico, a meno che individualmente (come ha fatto Enis quest’anno) qualcuno non proponga qualche esperimento da inserire in Guarda che fisico 2012.

Come vi siete preparati per l’edizione di quest’anno?

DM: i nostri sono esperimenti che nascono dalla quotidianità. Ad esempio, il mio gruppo è partito da una semplice domanda: “Perché un pallone, quando viene calciato, non per forza segue una traiettoria in linea retta?”. E’ facile dire subito “grazie all’effetto dato alla palla”, ma qual è il principio fisico che regola questo fenomeno? Il mio gruppo ha quindi lavorato fin da ottobre su questo, supportato ovviamente dalla professoressa, sia per dal punto di vista didattico sia da quello espositivo, nel senso che siamo stati costantemente aiutati a rendere il nostro lavoro comprensibile al pubblico che ci saremmo trovati di fronte.

EBC: anche perché bisogna far fronte ad eventuali domande, e non è sufficiente, talvolta, conoscere esclusivamente la teoria come se ci si trovasse ad un’interrogazione.

E vi è arrivata qualche domanda, per così dire, “imbarazzante”, di fronte alla quale vi siete trovati in difficoltà nel rispondere?

AM: in realtà, il più delle volte,  ero io che tentavo di fare molte domande al pubblico per stimolarne una maggiore partecipazione e renderlo il più interattivo possibile. Molto spesso, soprattutto i più grandi però, sono stati poco partecipi e un po’ restii a rispondere e mettersi in gioco. Quindi direi che domande imbarazzanti, più che riceverle, forse le ho poste …

EBC: il mio esperimento, che era quello più complicato dal punto di vista fisico, si prestava a tante domande, e sicuramente anche di quelle difficili, ma non ne sono arrivate molte.

E quelle dei più piccini, i bimbi delle elementari, che sono celebri per la schiettezza e la spontaneità delle domande?

AM: quelli più piccoli, nel mio stand che si occupava dello spazio e degli habitat del futuro, non smettevano di chiedere di rivedere il video perché erano incantati da qualcosa che sembrava molto Avatar. E le domande più banali si sono rivelate quelle più difficili: “ma perché questo è rotondo?, “ma questo gira?”. In pratica obbligavano a far ricominciare tutta la spiegazione da capo! Nulla però di imbarazzante.

  

Stanchi e provati i nostri ospiti prendono congedo, non ci resta che far loro gli auguri per il prossimo anno che, a quanto abbiamo capito, non li vedrà più protagonisti indiscussi. Il testimone passerà a nuovi appassionati e ci auguriamo di vedere “umanisti” e “scienziati” insieme dietro ad un tavolo per illuminarci con esperimenti nuovi nella terza edizione di “Guarda che fisico!”. Appuntamento al 2012!

 

a cura di Pouya Houshmand (2E) e Carlo Pizzala

 

 

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