Jake Sully è un marine costretto su una sedia a rotelle che accetta di trasferirsi sul pianeta Pandora (distante 44 anni luce dalla Terra) in sostituzione del fratello morto. Costui era uno scienziato la cui missione era quella di esplorare il pianeta mediante un avatar. Essendo l’atmosfera del pianeta tossica per gli umani sono stati creati degli esseri simili in tutto e per tutto ai nativi del luogo, che possono essere ‘guidati’ telepaticamente dall’umano che si trova al sicuro dentro la base militare. Pandora però non è solo un luogo da studiare. È soprattutto un enorme giacimento di un minerale prezioso per la Terra su cui la catastrofe ecologica ha ridotto a zero le fonti di energia. Uomini d’affari avidi e militari si trovano così uniti nel tentativo di spoliazione del pianeta. C’è però un problema: gli indigeni Na’Vi non hanno alcuna intenzione di farsi colonizzare. Il compito iniziale dell’avatar di Jake sarà quello di conoscerne usi e costumi e di farsi accettare all’interno delle loro comunità. Sarà così in grado di riferire se sia possibile sottometterli. Jake conosce così Neytiri, una guerriera Na’Vi figlia del capo tribù. Da lei impara a divenire un guerriero molto diverso dal marine che è stato e se ne innamora, ricambiato. Da quel momento la sua visione dell’impresa cambia.
La storia del film si sviluppa su di una sceneggiatura semplice, dove il ruolo del protagonista, prima dalla parte dei cattivi poi redento dall’amore, fa da sfondo a scene di battaglia ed emozioni pari a quelle di un buon film western, indiani alias selvaggi/bianchi alias colonizzatori.
Il tema di fondo e la morale finale richiamano tanti episodi della storia dell’umanità dove la sopraffazione degli “esseri superiori” nei confronti dei “selvaggi” ha rappresentato la sottomissione e spesso la fine di millenarie civiltà.
E così sembrerebbe poter accadere in Avatar , ma l’amore ed i valori etici dell’ex marine, portano alla fine alla salvezza del pianeta, e gli umani cattivi se ne tornano con la coda tra le gambe al loro inospitale e moribondo pianeta.
Possiamo considerarlo un capolavoro ? Di sicuro Avatar rappresenta una pietra miliare nella transizione tra cinema “reale” del 20mo secolo e cinema virtuale del nuovo millennio. Un cinema dove ambienti ed attori sono artificiali, ovvero totalmente realizzati al computer, ma realistici; in particolare impressiona la naturalezza dei loro movimenti e delle loro espressioni facciali: insomma sono così umani che lo spettatore si impersona in loro nonostante abbiano dimensioni, fattezze ed abitudini così diverse dalle nostre (alzi la mano il maschietto chi si è un po’ innamorato di Neytiri).
Ma la trama così come i temi trattati dal film sono tradizionali, scontati. Lo schema narrativo è semplice, i personaggi stereotipati (il buon marine, la scienziata che si immola per la scienza, il militare guerrafondaio alla “Big Jim”) e, come è nelle migliori tradizioni, il bene vince sul male.
Avatar tratta temi molto profondi come l’armonia tra uomo e natura, il rispetto degli altri, e rappresenta una denuncia della supremazia delle razze, predicata come metodo di sopraffazione di etnie, culture, mondi diversi da quello della razza dominante (quanti richiami storici….) e da questo punto di vista ha una forte funzione educativa: fa’ riflettere la gente su questi temi ahimè sempre attuali, ma che sono spesso trascurati.
Allora ben venga la semplicità della trama e la spettacolarità degli effetti speciali se questi sono i modi per attrarre spettatori ed il canale per trasmettere emozioni e stimolare le coscienze degli spettatori, così coinvolti, inchiodati alla poltrone, totalmente rapiti dagli stimoli sensoriali e visivi.
Ma quanti spettatori si alzeranno alla fine del film e, usciti dal cinema , commenteranno oltre che gli effetti speciali e la spettacolarità del 3D, anche il carattere di film denuncia sulle ingiustizie e sulla violenze che riesce a scatenare l’uomo?
Un film quindi che non posso considerare un “capolavoro” assoluto pur riconoscendo al regista una grande maestria nell’uso degli effetti speciali ed una immensa capacità creativa nel plasmare questo mondo fantastico che mi ha regalato forti emozioni; ma andiamo oltre l’apparenza delle emozioni narrative, e meditiamo sui i temi proposti dal film, che affrontiamo nella nostra vita quotidiana quali l’accettazione ed il rispetto nei confronti del “diverso”, il consumo delle risorse naturali, l’equilibrio tra sviluppo e natura, i valori come fondamento della convivenza civile e portiamoci il ricordo di questo film non solo negli occhi ma anche nelle nostre coscienze.
Marta Baschenis (2B)