Nuotiamo in un mare di parole. Ogni giorno ne sentiamo e ne leggiamo decine di migliaia, in qualche modo riusciamo a comprenderne il significato. La cosa più sorprendente è che, nel frattempo, notiamo difficilmente che stiamo facendo qualcosa di inimmaginabilmente rapido e complesso. Ci accorgiamo della difficoltà di questa operazione solo una volta che la lingua in questione non è più quella attraverso la quale pensiamo, parliamo, esprimiamo emozioni, sogniamo o leggiamo abitualmente durante l’arco della nostra vita, ovvero la nostra madrelingua, la prima lingua che apprendiamo spontaneamente in età infantile.
È possibile paragonare il linguaggio ad un codice speciale: esso consiste in una serie di simboli che possono essere connessi a delle parole e quindi a delle frasi. Una volta che decifriamo il codice, cioè la lingua, riusciamo a comprendere il messaggio in esso contenuto . L’idioma natio è un codice differente dagli altri, dato che i suoi simboli sono collegati direttamente al significato della parola corrispondente. Le parole si riferiscono a oggetti, azioni, proprietà e connessioni logiche, ma, se la lingua, il nostro codice di trasmissione, è una lingua straniera, l’associazione suono – significato non è sempre così immediata.
Inizialmente, imparare una seconda lingua è un processo che consiste nel comparare ciò che conosciamo a ciò in cui ci imbattiamo per la prima volta ascoltando o leggendo. Creiamo una connessione tra le nuove parole che apprendiamo e quelle che sono già immagazzinate nel nostro cervello e che fungono da modello. Più ascoltiamo e capiamo, più connessioni vengono create tra la nuova lingua e quella nativa. La svolta decisiva avviene quando si crea un numero di collegamenti tale da creare associazioni inconsce e automatiche, saltando cioè il passaggio intermedio di traduzione nel proprio idioma. In un primo momento quindi, il cervello deve tradurre dalla nuova alla prima lingua o viceversa al fine da capire; in seguito, quando il cervello dispone di un lessico sufficientemente sviluppato e noto, esso salta semplicemente il passaggio della traduzione e comprende direttamente il significato.
Imparare una nuova lingua significa anche capire che le idee non sono necessariamente espresse nello stesso modo in culture diverse e, spesso, le parole in una lingua straniera non provocano la medesima reazione o emozione che provocherebbero in altri Paesi. Ciò comporta una minore impulsività ed emotività, che si traduce spesso in una maggiore inibizione a dire parole volgari o blasfeme in una lingua straniera poiché esse sembrano essere meno cariche di significato.
Ma come vengono immagazzinate le informazioni relative al linguaggio nel nostro cervello a in relazione alla lingua di appartenenza? Esistono due principali aree dedicate al linguaggio: l’area di Wernicke, che permette di capire le parole ascoltate, e l’area di Broca, che permette di parlare. Nelle persone che studiano una seconda lingua in età adolescenziale o adulta, ogni idioma possiede un proprio compartimento nell’area di Broca. Al contrario, i bambini bilingue o trilingue non presentano una simile suddivisione, ma una sola regione del cervello elabora più di una lingua. Ciò sembra dovuto al modo in cui il loro cervello in via di sviluppo acquisisce le lingue e spiega il motivo per cui chi è bilingue può passare da un linguaggio all’altro con facilità: il loro cervello è abituato a distinguere le diverse lingue, ma esse sono immagazzinate nel primo centro di controllo linguistico. L’esperienza bilingue migliora le funzioni esecutive del cervello che controllano la capacità di organizzare, risolvere problemi e ragionare; abilità sviluppate e potenziate non si manifestano necessariamente in un migliore rendimento scolastico, ma in benefici a livello cognitivo come una maggiore concentrazione, una memoria più duratura, una maggiore attenzione all’ambiente in cui si vive oltre, ovviamente, alla capacità di passare da una lingua all’altra in modo rapido e alla concentrazione mentale necessaria a compiere una simile azione.
Un motivo per non scoraggiarsi nel caso si riesca a capire una lingua straniera, ma rimanga arduo esprimere le proprie idee? Riuscire a capire un’altra lingua ancor prima di essere capaci a parlarla è del tutto normale: il centro addetto alla comprensione non è diviso in compartimenti quindi nuove parole o nuovi concetti combaciano maggiormente con la struttura già esistente. Di conseguenza, tanta buona volontà e … viva le lingue!
Lucrezia Bernardini (4B)