Il disgelo

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marco polittiFreddo. Quando sono sceso dal pullman che mi ha portato dall’aeroporto di Stoccolma alla stazione centrale di Uppsala, pensavo solo questo. Freddo. Il tempo grigio gettava me e i miei compagni in un baratro psicologico da cui non credevo di poter trovare modo di fuggire.

I corrispondenti ci aspettavano sorridenti, quasi compiaciuti dell’algido clima scandinavo che a noi mediterranei congelava le ossa. Dopo le domande di rito concernenti l’andamento del volo, è calato tra me e Edvin (così si chiama il mio nuovo corrispondente) un silenzio tombale, nel quale siamo rimasti fino all’arrivo a casa. La sistemazione nella mia stanza e il calore proveniente dal riscaldamento notevolmente elevato mi rinfrancavano corpo e spirito, quando una voce profonda mi ricordava che era ora di mangiare. L’odore proveniente dalla cucina era invitante ma nonostante ciò i miei pregiudizi (come quelli di qualsiasi Italiano verace) riguardo al cibo mi attanagliavano e dirigendomi in cucina mi sentivo un po’ come John Coffey (il bestione di colore) de “Il miglio verde” che passo dopo passo si avvicina alla condanna mortale. Da una nuvola di fumo è improvvisamente spuntata fuori la piccola faccia paffuta della madre del mio corrispondente che m’invitava simpaticamente a prendere posto a tavola. Lì sedevano già trepidanti il padre e il fratello del mio nuovo amico biondo. Dopo avermi servito una specie di salsiccia gigante di origine russa immersa in salse, riso e insalata si è iniziata una conversazione riguardante temi come politica e sport. Quest’ultimo ha caratterizzato l’intera serata, essendoci spostati dopo il pasto nella saletta adibita alla televisione dove uno schermo gigante mi ha illuso per un istante di essere all’Olimpya Stadion a riscaldarmi di fianco a Bastian Schweinsteiger, che, insieme a tutto il Bayern Monaco si preparava ad affrontare il Real Madrid per la semifinale di Champions League. L’evento, oltre che a ricordarmi le forti influenze tedesche alle quali sono sottoposto 250 giorni (e notti) all’anno, mi ha fatto notare come agli Svedesi il calcio interessi e soprattutto, che in mancanza di un campionato compreso nei confini della decenza, siano costretti a seguire campionati maggiori e minori di tutta Europa.
Le giornate che sono seguite io ed Edvin le abbiamo passate a discutere di argomenti che non pensavo di poter affrontare in così poco tempo e così le serate trascorrevano piacevoli e leggere.
Fino alla fatidica serata X. Chiamo questa serata “Serata X” perché penso che si sia toccata l’apoteosi della volgarità e del disfacimento di ogni buon principio dell’uomo. E devo ammettere che sono orgoglioso e fiero di aver fatto parte del gruppo che questa serata l’ha vissuta. Questo momento è perfettamente descritto dal motto “Sex drugs and rock‘n’roll” e, per non sfociare in qualcosa per la quale potrei essere punito o giudicato in qualche modo, non racconto altro.
L’argomento ragazze è stato un altro dei Leitmotiv dello scambio. Oltre ai doverosi commenti sulle bellezze scandinave, si è assistito ad un vero e proprio scontro per la conquista di un biondone (non molto originale per uno Svedese) che ha puntualmente deluso ognuna delle pretendenti nostrane. Niente paura, sono attese piccanti novità per la seconda parte dello scambio, che si terrà a settembre a Torino.
Durante la nostra permanenza non poteva mancare il fatidico “football match”, svoltosi in due parti, una indoor, l’altra al freddo polare di un campo di fanghiglia che mi ha ricordato Commodo che ne “Il gladiatore ” si addestra a torso nudo in mezzo ad un gruppetto di energumeni. Così mi sentivo io in mezzo ai calciatori svedesi che all’andata perdevano 3-0 e al ritorno ci sconfiggevano per 9-6.
Tutto ciò mi ha lasciato con un dolce sapore in bocca, perché ho capito che tra noi e questi giovani vichinghi non c’è molta differenza, che le passioni sono le stesse, stessi i modi di fare, stessi i problemi, stesse le soluzioni. Di fronte a tutto ciò il gelo che sentivo dentro ha lasciato spazio al calore familiare di 30 amici. E poi, un po’ di corna ce le abbiamo tutti.

Marco Politti (3D)

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