Il fallimento della scuola pubblica

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Non ci è voluto il termine del primo quadrimestre per capire che anche quest’anno che  molti alunni italiani sarebbero ricorsi ai professori privati per recuperare le insufficienze di fine gennaio. Le cause di tale anomalia sono originate da due semplici ma fatali incongruenze che sono alla base di tutto ciò.

La prima riguarda il ragionamento e il comportamento che molti ragazzi adottano. Spesso si sentono queste parole: “E’ inutile che io stia attento in classe, tanto oggi pomeriggio vado a fare ripetizioni.” Nulla di più sbagliato. Come dice un saggio detto popolare, chi ben comincia è già a metà dell’opera. Infatti è risaputo che lo stare attenti in classe, prendendo appunti se necessario, costituisce già l’esordio dello studio e permette di fare meno fatica al momento dell’apprendimento a casa, perché i concetti sono già stati capiti e in minima parte interiorizzati. Invece al giorno d’oggi si va a scuola pretendendo di rilassarsi e svagarsi, perdendo cinque o sei ore di apprendimento, e successivamente, durante i pomeriggi,  si devono recuperare quelle perse e trovare le altre per lo studio con l’ausilio di un insegnante privato, il quale verrà però a pesare molto sui portafogli delle famiglie.

Insomma, si è arrivati ad una circostanza paradossale, in quanto sembra che l’edificio scolastico e le mura domestiche abbiano invertito la loro originaria funzione: il primo per divertirsi, l’altro per seguire lezioni, memorizzare ed eseguire esercizi.

Il secondo motivo si lega alla “miopia” con cui docenti e Ministero dell’Istruzione in particolare hanno preso in considerazione tale disastro, non valutando solamente le troppe insufficienze dei ragazzi italiani e le conseguenti “cacce” ai professori per le ripetizioni, ma anche il fatto che la qualità del nostro sistema scolastico sia pessima in relazione ad altri paesi europei e non solo (dati Ocse). Per quale ragione il ministro Gelmini ha attuato una riforma che taglia fondi alla scuola pubblica e crea disoccupazione? Perché, di fronte ad un livello così basso, lo Stato non assume con un contratto, un posto e uno stipendio fisso i precari per metterli a disposizione, in modo gratuito, degli studenti con più difficoltà nell’ottenere un decente rendimento?

Se la situazione non dovesse cambiare, si rischierebbe di arrivare ad una fase in cui i meno ricchi usufruiranno di una scadente scuola pubblica mentre i più abbienti manderanno i propri figli negli istituti privati. L’Italia potrebbe perdere un grande obiettivo raggiunto con tanta fatica dopo l’unità nazionale, cioè quello di un’istruzione valida, efficiente ma gratuita ed obbligatoria per tutti, benestanti e umili.

 

Simone Ambrisi (2B)

 

 

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