Come la Turchia continua a negare un massacro
Il 24 Aprile, giorno di commemorazione del genocidio armeno è una data significativa per ricordare un momento molto cupo della storia contemporanea.
A partire dal 24 aprile 1915 le bande curde e l’esercito curdo sterminarono brutalmente l’etnia armena: gli uomini vennero uccisi non appena furono catturati, mentre le donne furono costrette a camminare per chilometri e chilometri in zone aride e deserte, portandole inevitabilmente alla morte per il caldo e per gli stenti o anche violentate e uccise.
Le violenze sistematiche furono fomentate, incoraggiate e soprattutto ordinate dall’allora emergente partito politico dei Giovani Turchi. Questa fazione nacque inizialmente ispirandosi agli ideali egualitari della Rivoluzione francese, ma successivamente a causa di una sfavorevole condizione politica interna ed esterna, cominciò un repentino mutamento che lo portò a sostenere ideologie ultranazionaliste di purificazione sociale.
I pochi sopravvissuti denunciarono i fatti e le prime condanne vennero emesse dai tribunali turchi, ma in pochi mesi le autorità nazionali, approfittando, come già per il genocidio, della confusione per la Grande Guerra, insabbiarono e mistificarono le prove utili a condannare i responsabili.
Tutto ciò fu possibile, in quegl’anni, grazie alla rapidità con cui avvennero le uccisioni e alle somme pagate per corrompere i mezzi di informazione, come i giornali.
Ad oggi la Turchia non ha mai ufficialmente riconosciuto o tanto meno condannato questo massacro, anzi continua a negarlo e a inculcare questa idea nei cittadini: sia intitolando, nelle città più importanti, piazze, vie e addirittura mausolei ai responsabili del genocidio, sia insegnando ai ragazzi nelle scuole delle menzogne riguardo a questi fatti.
È ormai noto che questa strage è effettivamente accaduta, però solamente 20 stati sui 204 presenti nel mondo l’hanno ufficialmente riconosciuta e questo fatto è davvero scandaloso poiché un avvenimento di tale gravità non può e non deve essere dimenticato. Ma anche negli stati che lo riconoscono, è poco conosciuto tra i cittadini, e questa è una mancanza da parte dello stato, poiché è dovere del governo evitare che il cittadino venga manipolato da false informazioni e provvedere all’inserimento di questa vicenda nei libri di storia, per esempio.
In Francia si è aperta una polemica sulla condanna del negazionismo, in quanto da alcuni non viene reputata corretta la sanzione nei confronti di persone cui è stata insegnata una menzogna a scuola.
Questo è un dibattito che può fornire interessanti spunti di riflessione, però è essenzialmente un’altra prova del fatto che siamo ancora costretti in una gabbia di disinformazione, la cui unica chiave è la cultura.
Francesco Barilà (1D)