Se si osserva la mia camera e si posa lo sguardo sullo scaffale dei libri già letti, si può notare una zona dominata da dorsini neri e verde chiaro, quasi azzurrino. Quei libri appartengono tutti alla stessa collana e sono tutti dello stesso autore: Italo Calvino. La prima sua opera che ho letto è stata “Marcovaldo”, forse anche la più bella. Narra di un uomo alle prese con le faccende di tutti i giorni, dall’istallazione di un pannello pubblicitario luminoso di fronte a casa sua, alla solita routine quotidiana; dall’incredibile affollamento dei supermercati nelle ore preserali, al relax dei fine settimana con la famiglia. Il protagonista mi è simile in molti aspetti, ma quello che più mi rappresenta è l’incomprensione della frenesia umana ai giorni nostri. Il protagonista infatti, parlando in prima persona, non risparmia alcune frecciate ben assestate, che ad un primo sguardo possono apparire scontate, ma se vengono analizzate in maniera un po’ più attenta si rivelano vere e proprie riflessioni ben ragionate sulla frenesia eccessiva e sulla smania inutile odierna. Il libro risulta così un insieme ben dosato di riflessioni, fatti ed umorismo. L’inerme Marcovaldo infatti occupa un ceto piuttosto basso della società, rendendo i suoi ragionamenti razionali e per niente complessi. Ovviamente alla mia prima lettura, quella del “Colpo di Cupido” ero divertito solo da alcune sboccataggini o battute presenti nel testo. Alle riletture seguenti del libro, in quelle poche righe scoprii una visione del mondo molto dura, perciò reale. Marcovaldo oggi sarebbe un impiegato precario in qualche fabbrica che sta licenziando i suoi uomini in Italia per trasferire le produzioni all’estero. Forse è ora che i manager che attuano queste decisioni si prendano una bella vacanza ricordando nella valigia questo brillante libro.
Davide Centin (3F)