Generale, dietro queste colline, di cui ora ti voglio parlare, non c’è la notte crucca e assassina, di tedeschi certo ce ne sono, ma sono tutti “International students” come me, qui in Nuova Zelanda. Colline verdi, coltivate o utilizzate come pascoli per le migliaia di pecore che si trovano qui, colline fantastiche te lo assicuro, dietro alle quali si trovano solo altre colline, belle come loro o forse ancora più belle. Colline ricoperte da pecore grandi e piccole. Sono appena nati i cuccioli e corrono ovunque, oppure stanno fermi, sdraiati a terra all’ombra dei radi cespugli verdi con i fiori gialli in punta che contribuiscono a dare un effetto surreale al paesaggio. Una strada passa tra queste colline, una sola, sale fino in cima a una di esse per poi ributtarsi giù poco distante. È irregolare, questa strada, perché deve passare vicino ai campi, rigorosamente divisi tra i contadini, senza tagliarli. Questa è la strada che da Queenstown porta a Dunedin, due cittadine della regione di Otago, Isola del Sud della Nuova Zelanda. La prima, dove ho passato gli ultimi tre mesi, la seconda, dove ho passato lo scorso fine settimana. Due città abbastanza importanti; a quattro ore di auto l’una dall’altra, collegate solamente da una interminabile strada di campagna a due corsie scarse tutta a curve. Quindi se per caso (come ovviamente è capitato a noi) ti trovi un camper di irlandesi che ti precede, che come te sta andando ad assistere all’attesissima partita di rugby Italia- Irlanda (giusto per soddisfare la curiosità del lettore aggiungo che la partita è finita 6 a 36 e che il rapporto tifosi era 250 per gli italiani e 17.000 per gli irlandesi), devi presto rassegnarti al fatto che fino alla prossima cittadina che la strada incontra dovrai tenere il passo di quel maledetto camper, perché superarlo sarebbe un’impresa folle e con un’alta probabilità di schiantarsi contro una macchina che arriva dalla parte opposta.
Già; è tre mesi che sono qua e questa è la prima cosa che scrivo. Non perché abbia notato solo ora la bellezza del paesaggio, la gentilezza della gente e il diverso stile di vita, ma perché solo guardando dal finestrino di una macchina le colline dalle sfumature verdi, come disegnate da una abilissimo pittore, mi sono venute le parole adeguate per descrivere tutto ciò che di bello e affascinante ho trovato qui.
Per tre mesi ho osservato i paesaggi, il lago enorme Wakatipu (80 chilometri di lunghezza), circondato da montagne, così grande che ogni tanto quando c’è nebbia e un po’ di vento e non si riesce a vedere l’altra riva, distante chilometri e chilometri, sembra un mare. Ogni tanto mi piace andare sulla riva del lago, a Kelvin Heights, la penisola davanti a Queenstown dove abita la famiglia che mi ospita: non c’è mai nessuno lì e le case sono coperte dagli alberi. Sembra di essere arrivati in un mondo nuovo, mai scoperto dall’uomo. C’è un albero isolato dagli altri, cresciuto tra le pietre della spiaggia, uno solo. Io mi siedo lì, su uno dei rami bassi e guardo il lago e la riva opposta. È bellissimo, è uno di quei paesaggi che vorresti condividere con qualcuno, talmente è bello. Eppure ho sempre pensato ,e ancora lo penso, che sarebbe impossibile descriverlo a parole, descrivere la perfetta sintonia tra i colori delle montagne, fino a un mese fa innevate e ora sempre più verdi, e l’azzurro del lago, calmo e piatto, come fatto d’olio, nei giorni di sole e blu scuro e mosso, quasi spaventoso, nei giorni di tempesta. Neanche una foto basterebbe a descrivere la bellezza di questo posto. Come potrebbe una foto parlare del rumore della risacca o raccontare del fruscio delle foglie, quando il vento passa tra esse, per poi propagarsi sulla superficie del lago in piccole increspature? Non potrebbe mai. E anche scriverne sembra banale, sembra quasi di rovinare tutto questo con le troppe parole. Ma io comunque voglio provarci. Voglio provare a descrivere il sussurrare alternato delle foglie e del lago, come se stessero avendo da secoli una conversazione sottovoce che solo loro possono comprendere.
Allora io mi siedo sul mio ramo, in silenzio, e ascolto, finchè non sono stanca. Magari sto lì dieci minuti, magari mezz’ora, a volte anche un’ora.
“Guarda Roby! La collina di Kelvin Heights. È verde ora! È tutta verde!”. È vero, ormai è primavera qua in Nuova Zelanda e i prati stanno cambiando il loro colore, da un giallo paglia l’erba sta ricominciando ad acquistare un colore verde intenso, ma io non ci avevo fatto caso prima che Costanza me lo facesse notare, mentre in autobus andavamo al Remarkables Park a cercare dei vestiti per una festa. Forse non lo avevo notato perché la vedo tutti i giorni quella collina e non le avevo prestato troppa attenzione, o forse perchè semplicemente non sono brava a osservare.
Ma ora mi impegnerò di più, perché un paesaggio così bello merita di essere osservato, ma soprattutto, davanti a un paesaggio così bello, non puoi che aver voglia di comprenderlo fino in fondo.
Roberta Borgono (4F)