25 Ottobre 2022. La premier britannica Liz Truss rassegna le dimissioni dopo un mandato record di poco più di quaranta giorni. A capo del Gabinetto britannico e del Partito Conservatore viene nominato Rishi Sunak, il secondo classificato alle “primarie” (vinte da Liz Truss) che si erano svolte dopo le dimissioni di Boris Johnson. Tre primi ministri di tre governi fallimentari. A partire da quello di BoJo, il fautore della Brexit e generatore di scandali, come quando aveva violato le restrizioni Covid imposte dalla sua stessa amministrazione. Il governo Truss, per quanto di breve durata, è riuscito nel suo intento di danneggiare ulteriormente la già indebolita economia britannica, uscita devastata dalla pandemia e da una Brexit fallimentare. Il crollo apocalittico della Borsa e della sterlina non solo ha fatto saltare qualche testa nella Cancelleria dello Scacchiere e nella City, ma ha colpito anche, e forse soprattutto, la premier stessa, costretta a rassegnare le dimissioni. Subito dopo Rishi Sunak, il grande sconfitto delle “primarie” estive, lo squalo della City, uno degli uomini che più di tutti si era arricchito speculando sulla crisi finanziaria del 2008, approda con un sorriso smagliante al numero 10 di Downing Street; indiano di origine, si ritrova per un bizzarro scherzo del destino a governare la Gran Bretagna. Fra le mani si trova una situazione non invidiabile: il paese è diviso dalla Brexit, scosso dalla morte dell’amata sovrana Elisabetta II, esacerbato dalle pesanti sanzioni contro la Russia, che fanno schizzare i prezzi alle stelle; come se non bastasse, l’unità della nazione è minacciata dagli indipendentisti scozzesi. L’economia vacilla, quando non è in recessione. Il complicato scacchiere geopolitico globale vede il Regno Unito, la cui potenza militare era stata seriamente ridotta da una serie di tagli ventennali, spedire enormi quantità di armi in Ucraina, svuotando gli arsenali e causando preoccupazioni internazionali; un senior military advisor americano avrebbe detto che, in caso di escalation, il Regno Unito non sarebbe stato in grado neanche di difendere le Isole Britanniche. Una catastrofe per una nazione che era uscita dall’Unione Europea cercando di rivitalizzare l’impero, quantomeno nella sua dimensione commerciale, con la cosiddetta “apertura verso nuovi mercati”. Ma il sogno di tornare alla grandezza vittoriana e il desiderio di riottenere il prestigio e lo status di grande potenza – già parecchio vacillante – sono affondati. Ancora convinti di essere una grande potenza, increduli, forse inconsciamente, di non contare più come prima, avevano visto la Brexit come un trampolino di lancio per una nuova èra, un nuovo Impero, una nuova anglosfera, liberi dall’influenza dei burocrati di Bruxelles. Un’illusione che è costata cara ai cittadini, che forse solo adesso comprendono la loro miopia, la loro sostanziale incapacità di fare i conti con il mondo moderno e con i nuovi equilibri mondiali. Senza la protezione di cui godevano nell’Unione Europea finiranno, nel migliore dei casi, per essere un triste satellite della loro ex colonia, gli Stati Uniti, stato cliente della vera superpotenza mondiale; nel peggiore entreranno in decenni di crisi e tumulti che potrebbero portare alla fine del Regno, che voleva essere (ancora) un Impero.
Stefano Teppa