Il pendolo

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Da oggi l’UmberTimes vi offrirà periodicamente alcune corrispondenze dal mondo universitario, quel mondo in cui sono entrati i nostri ex-compagni di redazione … con l’eterno vizio della scrittura

 

 

Giugno è frenesia. Poi angoscia ed odio. Poi è rassegnazione.

Giugno è ore, giorni e notti di studio matto e disperatissimo.

Non temete: poi passa.

Luglio arriva a braccetto con la fine della maturità. Allora la frenesia lascia il posto all’apatia. Da fibrillazione atriale a elettrocardiogramma piatto. E’ piacevole: luglio è sollievo. Ma anche questo passa. Alle quattro di un pigro martedì pomeriggio si interiorizza il reale significato della maturità. Maturità come rito iniziatico, ballo dei debuttanti, battesimo del cielo. Essere maturati significa dover scegliere. Per la prima volta. Da soli. Non si tratta, però, di scegliere cosa fare da grandi: essere maturati significa dover scegliere cosa NON fare da grandi.

I pochi fortunati di noi che all’età di quattordici anni già sanno con certezza qual è il sogno della loro vita aggirano il patema della scelta; loro studiano. Le giornate di questi rari individui non pendolano tra dolore e noia: fortunati.

Per tutti gli altri agosto è il mese dell’esclusione.

Addio alla storia, alla filosofia ed alla letteratura se si vuole fare il matematico. Addio all’algebra per essere archeologo.

Prendete me: da piccola avrei voluto fare l’astrofisica. (Da liceale qualunque professore di fisica non avrebbe voluto che io facessi l’astrofisica.) Fino alla fine della maturità ancora mi illudevo di essere un’ottima astrofisica in potenza.

Il liceo è bello perché ti permette di non scegliere necessariamente cosa essere: sono i professori a pensarci per te.

Da maturati il futuro è in atto.

Settembre. Settembre è il mese dell’atto: clic – iscrizione online – tasse – matricola e trac: libretto. Ci sei dentro.

E’ atroce, lacerante. Seducente, bellissimo.

 

Annalisa Chiodetti, corrispondente dell’UmberTimes da Palazzo Nuovo

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