Quando si assiste ad una partita di calcio, i tifosi si sentono liberi di criticare e giudicare tutti i giocatori in campo. Poco importano i duri allenamenti, i sacrifici, il denaro investito dalle società, le notti passate a studiare strategie di gioco. I tifosi, potessero, lo farebbero sempre meglio, o comunque diversamente, anche quando sono seduti comodi sul divano. Si sa: il pubblico è sovrano!
Non bisogna dimenticare che, proprio al Convitto, c’è stato un tempo in cui la “cogestione” si chiamava “autogestione”, e non era il sessantotto.
C’è stato un tempo in cui l’“autogestione” durava ben cinque giorni consecutivi e si concludeva la sera, con un’esibizione degli studenti più talentuosi: “la corrida”. Tanti anni fa, nostro ospite fu persino il premio Nobel per la Letteratura Dario Fo (sì, proprio al Convitto) e nel 2009 la scuola venne addirittura occupata …
Se le spesse mura dell’Umberto I potessero parlare, scopriremmo molte altre cose che ad oggi ci parrebbero sensazionali; e se farete una chiacchierata con qualche professore o educatore storico è certo che sarà ben lieto di ricordarle con voi. Come ricorderete tutti però, o almeno i più anziani di noi, c’è stato anche un tempo in cui scientifico e classico coesistevano nella stessa sede: eravamo uniti, almeno per geolocalizzazione.
Non è però questo il momento per sindacare su come e perché si sia deciso di separare i due indirizzi. Un po’ perché è piacevole illudersi che gli organi decisionali della nostra scuola abbiano come obiettivo primario quello di offrirci il meglio, un po’ perché lamentarsi del trasferimento in altra sede è ormai démodé. Molto è cambiato dalle autogestioni passate, lo stesso nome è stato “addomesticato”, ciò che però sarebbe dovuto rimanere intatto è il sentimento di solidarietà e unione degli studenti. Se davvero incarnassimo così tanto lo spirito battagliero dei nostri predecessori, se davvero tenessimo all’”autocogestione”, non ci limiteremmo a criticare come i tifosi sul divano, ma proveremmo a scendere in campo. Proveremmo a costruire insieme ai rappresentanti qualcosa che possa essere di tutti e per tutti. Abbiamo molti più diritti e privilegi rispetto al passato, grazie a chi ha lottato prima di noi e, forse, ci siamo dimenticati che chi ha realizzato queste prodezze lo ha fatto mettendosi in gioco, candidandosi e facendosi eleggere con il sostegno degli studenti, piuttosto che col loro consenso.
Ecco, piace pensare all’”autocogestione” come ad una partita di calcio, ma per vincere la partita dobbiamo scendere tutti in campo. Ognuno di noi deve dare il suo contributo, quantomeno per guadagnarsi il diritto di lamentarsi. In nome dello spirito di unione appena evocato, è necessario sottolineare che questa replica non vuole essere una mera ricerca di giustificazioni, ma un invito a tutti gli studenti a interrogarsi in prima persona sul perché non ci si faccia avanti per entrare nella squadra, anziché guardare la partita alla tv. Il tesseramento, in fondo, costa solo tanta fatica e buona volontà. Siamo aperti alle critiche, ma rivendichiamo il diritto di poter dire che per noi è stata un successo, perché finché giochiamo in pochi, solo noi possiamo sapere cosa succede negli spogliatoi.
Ilaria Steri