Ho visto cose che voi liceali non potreste immaginarvi. Sportelli da registrazione in fiamme in corso Regio Parco, e ho visto laser balenare su migliaia e migliaia di codici a barre e tutti questi momenti, FORTUNAMENTE, andranno perduti nel tempo … come gli studenti che navigano sul sito dell’Unito. È tempo … di immatricolarsi.
Ebbene si. C’è da chiedersi se anche Alan Nourse in gioventù abbia vissuto un esperienza altrettanto traumatica …
Ma dopo mesi di dubbi, incertezze, convinzioni assolute a cambi di idea fulminei viene per tutti il momento di scegliere l’università. Una scelta poliedrica, che condiziona non solo ciò che farai per i seguenti cinque o più anni, ma anche per il resto della tua vita. E se sei tanto fortunato da aver capito cosa fare della tua vita già a tre anni, quando la tua prima parola è stata “astrofisico”, non è detto che crescendo (in tempi economicamente bui fra l’altro) tu non ti sia reso conto che il tuo sogno mal si adatta ad un mondo squallidamente pragmatico, dove per campare è meglio saper aggiustare i tubi e che delle stelle non gliene frega più molto a nessuno. E ammettendo anche che il tuo sogno sia fare soldi e quindi ti interessi una professione che di per sé offre ottimi sbocchi lavorativi, non vorrai mica essere l’unico a essersi fatto questa bella pensata? Zac, test di ingresso, probabilità di passare: una su sei milioni e tanta voglia di buttare l’estate nel ces… tino della pattumiera.
Fortunatamente il tempo per pensarci a mente lucida è tanto: un anno intero, un lungo anno privo di problemi, dove si pensa solo a quello, con calma e seren … No, scusate, dimenticavo quel piccolo dettagliucolo insignificante chiamato maturità. Come non detto, è un incubo e basta. Ma per chi riesce a decidersi, a dare e a passare eventuali test d’ingresso gambizzando di nascosto gli avversari e sfoltendo la concorrenza con una cerbottana e del curaro, la battaglia è appena cominciata. In particolare vorrei prendere come esempio quei poveri disgraziati che hanno tentano di diventare seguaci di Ippocrate in più di 4500. Dopo un’intera settimana dal test è uscita una graduatoria generale, nella quale ad ogni studente corrispondeva un codice, così che ognuno potesse conoscere solo la propria posizione e non quella di conoscenti o amici. Bello, sarà per la privacy ho pensato. Non fosse che dopo altri tre giorni è uscita la stessa identica graduatoria con i nomi al posto dei codici (sono sparite dalla lista un po’ di persone … mistero!). E qua ci starebbe la famosa immagine di facebook con Jackie Chan che fa la faccia di chi non sta capendo: perché prima i codici?
Perché aspettare tre giorni per rifilarci la stessa roba? Erano trascorsi dalla data del test in totale dieci giorni (fortuna che le graduatorie si stilano al computer) ma sulla prima assegnazione ancora niente. Finalmente dopo altri tre giorni sono comparse magicamente sul sito alle nove in punto del mattino i luoghi di prima assegnazione. Io personalmente sono riuscita a visualizzarli solo verso le dieci: prima il sito del MIUR aveva raggiunto il numero massimo di accessi. Però ho passato quell’ora di attesa sghignazzando e immaginando orde di piccoli ansiosi con un occhio più strizzato dell’altro a premere ripetutamente F5 con fare psicotico. Anch’io avrei avuto una certa fretta di scoprire il mio “destino” se avessi saputo, in caso di successo, di avere solo due giorni per immatricolarmi. Esatto, tredici giorni per una ca… rinissima graduatoria, e due fot… ogenici (?) giorni per affrontare uno dei mostri più abominevoli della burocrazia universitaria. Il primo passo era cercare istruzioni sul sito dell’Unito. Ah ah, battutona. No, davvero purtroppo. Io sono arrivata ad odiare visceralmente quel … coso. Perché di sito non si può parlare.Comunque, dopo essermi messa a piangere svariate volte e dopo aver demolito un paio di portatili a forza di testate, sono riuscita a capire che dovevo pagare simpaticamente più di settecento euro e portare bollettino e un po’ di altra roba in Corso Regio Parco. Ho dato una sguardo su Google Maps e vedendo suddetto corso vicino al centro non mi sono preoccupata più di tanto. Fortuna che la mia dolce mamma provvista di suv ha preferito accompagnarmi, così per sicurezza ho dato un’occhiata anche al numero civico. 134/A. Ed è stato allora che mi sono resa conto che corso Regio Parco è lungo. Molto lungo. Man mano che ci allontanavamo da Corso Regina Margherita le cascine e gli orti hanno preso il posto dei negozi, vecchie fabbriche e prefabbricati in disuso hanno sostituito i condomini e una domanda molto semplice ma in quel momento fondamentale ha cominciato a diventare sempre più lapalissiana: ma dove cazzo ci stanno mandando? Finché non abbiamo parcheggiato davanti all’Ex Manifattura Tabacchi. Se non avessero avuto il buon gusto di appendere un enorme striscione con su scritto IMMATRICOLAZIONI sicuramente saremmo tornate indietro. Tuttavia, come direbbe il mio cuginetto, è arrivato il momento di spezzare un’arancia a favore dell’organizzazione: visto e considerato che tutta Torino veniva ad immatricolarsi lì e che tutti gli studenti di medicina e odontoiatria venivano ad immatricolarsi lì nell’arco di due giorni, tutto sommato le code sono state gestite molto bene. Come dal macellaio, ognuno col suo bigliettino e con la speranza di non dover tornare a casa recuperare qualche foglio dimenticato, una fila notevole di studenti era lì ad aspettare il proprio turno. Il mio, con grande sorpresa, è arrivato in meno di trenta minuti. Arrivata allo sportello:
Signorina: «Lei si immatricola a … ? » (Sottointeso: medicina, filosofia, lingue, etc.)
Io: «Si»
Non so , mi sembrava una bella risposta. L’unica che ero in grado di dare in quel momento. Vi prego, immatricolatemi. La signorina mi ha guardato strano e mi ha tolto gentilmente il foglio di mano: «…a medicina, ok.»
Effettivamente, devo essere andata allo sportello con la faccia di una fedele diretta a Lourdes a chiedere il miracolo. Il miracolo che per una volta filasse tutto liscio. Ma le vie del Signore sono misteriose e questa volta deve aver sbagliato strada, perché dopo un po’ di scartabellare la signorina mi fa: «Scusa ma tu ti chiami Eugenia o Eugenia Andrea? » Era un domandone in quel momento. Boh. In effetti mi ero sempre chiesta come mai sulla carta di identità fossi solo Eugenia e sulla tessera sanitaria fossi Eugenia Andrea ma sinceramente mi ero fidata dell’anagrafe e dell’Agenzia delle Entrate e non mi ero fatta troppi problemi. Fino ad allora.
Io: «Non saprei … come mai?»
Signorina: «Vede noi dobbiamo tenere conto del nome sul documento, ma il codice fiscale è scritto come se lei avesse i due nomi. Quindi non possiamo immatricolarla, deve cambiare codice fiscale.»
Terrore, svenimento, paura, panico, orrore, disgusto, disperazione, ari-svenimento.
Devo cambiare cosa?!?!? Nella mia testa di povera ignorante, fino a ieri almeno, il codice fiscale era qualcosa di sacro e intoccabile, un segno di riconoscimento e di identificazione inconfutabile, il mio numero di matricola statale, uno dei dieci comandamenti praticamente: onora il padre, la madre e il codice fiscale; non disperdere il codice fiscale; non avrai altro codice fiscale all’infuori di me; non desiderare il codice fiscale di un altro e così via … e per cambiare un qualcosa di così divino e sacro e inviolabile e definitivo di sicuro ci sarebbero voluti almeno quattro anni di trafile burocratiche, mentre io avevo solo un giorno e mezzo. Devono essermi venute le lacrime agli occhi, perché la signorina mi ha guardato con la pietà con cui la Madonna ha guardato Cristo in croce e mi ha detto: «Stai tranquilla, guarda che bastano dieci minuti allo stand dell’Agenzia delle Entrate qua fuori. Ti cambiano il codice e ti fanno anche arrivare una nuova tessera sanitaria a casa. Vai tranquilla, dico alla sicurezza di farti saltare la coda quando torni.»
Io: «Ah. Grazie»
Guarda quante cose si imparano. E così adesso sono una matricola, anche se in realtà devo farmi sbucazzare di vaccini in trenta giorni o tutta questa simpatica esperienza non sarà valsa nulla. Ho anche un nuovo codice fiscale, più valido del precedente (non è mai troppo tardi per cambiare credo) e una SmartCard che sinceramente non mi sembra molto Smart: ci puoi caricare sopra di tutto, dai voti degli esami ai punti del supermercato, così vinci una pratica padella antiaderente. Peccato che, in caso di smarrimento, hai finito di vivere. E vabbè, la blinderò in cassaforte assieme alle seimila scartoffie che mi hanno dato da leggere. Per ora, mi godo gli ultimi giorni di vacanza e auguro a tutti gli Umbertini un buon inizio!!!
La vostra corrispondente da Orbassano,
Eugenia Beccalli