Quattro marzo duemiladiciotto. Non serve aggiungere molto, non si parla che delle elezioni politiche da settimane, ormai. Tra notiziari, social network e pubblicità affisse in città è quasi impossibile non essersi accorti di nulla. È possibilissimo, invece, che si brancoli un po’ nel buio, soprattutto per la nostra generazione, sempre piuttosto distaccata e diffidente per quanto riguarda la politica. Fiumi di parole e promesse ci investono in questi giorni, e noi ci affoghiamo un po’ dentro cercando di restare a galla. Ma la corrente non è mai affidabile, e bisognerà pur imparare a nuotare per contrastare l’imprevedibilità delle onde. In che direzione, poi, resta a discrezione di ognuno. Se da un lato può dirsi cosa buona e giusta il coinvolgimento politico causato dall’imminente scelta da compiere, dall’altro è senza dubbio necessaria una buona dose di prudenza. E questa prudenza non si traduce in nient’altro che in informazione. Un’informazione che oltrepassi il sentito dire, la posizione di conoscenti e familiari oppure lo stesso bombardamento mediatico cui siamo sottoposti tutti i giorni. Un’informazione che metta a confronto le posizioni, le proposte elettorali, i candidati e i propositi di ognuno, superando il botta e risposta televisivo, le accuse più o meno gratuite, le affermazioni in- certe, sbagliate o incoerenti.
Cosa viene proposto, concretamente? Da chi? Quanto è realizzabile un certo genere di proposta e quali sarebbero le eventuali conseguenze? E, soprattutto, siamo d’accordo o meno con quanto proposto? Sono queste le domande che dovrebbero tormentarci in questi giorni, ed è a questo che dovrebbero rispondere, pubblicamente, i vari candidati. Dovrebbero, appunto, perché spesso questo compito si trasforma in dita puntate gli uni contro gli altri, obiezioni che non incoraggiano un pubblico già diffidente a comprendere l’importanza della propria partecipazione, anche al di là del 4 marzo. Un pubblico che però, a sua volta, non può e non deve scaricare la propria irresponsabilità sulle spalle degli altri. Un pubblico che non può e non deve farsi sovrastare da un maremoto di idee confuse, di indifferenza e poca convinzione.
Ormai è chiaro che prendere una posizione sia importante. Ma che lo sia anche saperla giustificare non sembra altrettanto immediato: serve una certa dose di senso critico. E non è impossibile allenarlo; per esempio, in questo momento, avete tra le mani un ottimo strumento: un giornale.
Diana Greco Ciobanu