Trump minaccia l’ONU, l’UE è sull’orlo del baratro e l’UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane) gradualmente si sfascia. È giunto forse il momento di riflettere sull’importanza della comunicazione e sulle nostre capacità di convivere in organismi inter-statali, giungendo a compromessi che siano vantaggiosi non solo per il nostro piccolo pezzo di terra ma per una più ampia comunità mondiale.
Il quadro politico attuale, infatti, non è dei più rosei: diverse sfumature scure di egoismo e nazionalismo contrastano con i bei valori di cooperazione e aiuto reciproco sui quali si fonda ogni associazione internazionale. Tutte nobili idee, con grandi speranze e promesse, che però di concreto vedono ben poco. Ognuno vuol fare sentire la propria voce, e vuole che sia solo la propria a sentirsi.
Tutti possono rendersi conto di questa realtà, basta aprire un giornale o accendere la TV su un qualsiasi notiziario. Per esempio gli Stati Uniti, che a giugno di quest’anno hanno annunciato la loro uscita dal consiglio ONU per i diritti umani, poiché le loro decisioni non erano in linea con la nuova politica estera di Donald Trump; ma anche l’Italia, il cui Ministro degli Interni compare persino in copertina sul Time per il suo operato anti-europeista; oppure il Cile, che insieme ad altri 5 paesi si separa “a tempo indeterminato” dall’UNASUR, unione fondata nel 2011 per creare coesione culturale, sociale ed economica tra gli stati sudamericani.
Sovente gli europei, ma anche gli americani o gli asiatici o un qualsiasi cittadino del mondo, tendono a concentrarsi esclusivamente sui problemi legati al proprio Stato, al territorio racchiuso dai propri confini. Ci si preoccupa solo più del proprio orticello, senza considerare una prospettiva più ampia, frutto della nostra chiusura mentale. Se alzassimo un attimo la testa ci renderemmo conto che non solo la nostra terra sta marcendo, ma che lentamente anche quelle vicino a noi stanno cadendo a pezzi.
Se poi diamo un’occhiata al sud del pianeta, notiamo grandi analogie con quello che succede in Europa. Due Unioni internazionali ai poli opposti del mondo che vanno dissolvendosi per gli stessi motivi: l’assenza di desiderio di cooperazione di fronte ai problemi, il considerarsi sempre superiori agli altri, la mancanza di lungimiranza. Tutti fattori che portano a isolarsi, a girare la testa dall’altra parte per non dover spendere risorse, per non dover farsi carico di responsabilità che sembrano estranee alla propria realtà. Non si riesce proprio a pensare che un carico di lavoro, leggero se diviso tra tanti, diventa un macigno insostenibile per pochi, e causa problemi anche a coloro che nel proprio egoismo si tirarano indietro.
Un esempio lampante di quanto siano simili l’UE e l’UNASUR è il problema della migrazione, quello a cui tutti cercano disperatamente di sottrarsi invece che affrontare uniti, collaborando l’uno con l’altro. Anche in Sud America un ingente flusso migratorio proveniente dal Venezuela sta causando non pochi grattacapi ai diversi governi latino-americani. Sono milioni le persone che scappano da una situazione disperata, dalla guerra, dalla fame, dalla povertà, alla ricerca di una vita migliore. Una vita che nessuno però sembra disposto a concedere.
Ora torniamo al nostro bel quadro iniziale: tanti colori che simboleggiano fantastiche promesse e utopici valori. Colori un po’ troppo accesi, però, sembrano surreali. Guardarli fa quasi male. Stonano con il resto della stanza, ci ricordano troppo spesso il carico di responsabilità preso tanto tempo fa, che torna a farsi sentire. Non basta girarlo, le firme dei nostri antenati lo inchiodano al muro. Cosa fare, se non cancellarlo? Prendere un fiammifero e darlo alle fiamme. Fumo nero di egoismo, di menefreghismo per soffocare legrida di aiuto. Forse sappiamo che quel dipinto è l’unica garanzia che abbiamo nel caso in cuifossimo noi un giorno ad aver bisogno di un appoggio. Ma quel giorno non è oggi. Oggi abbiamo noi il fiammifero in mano. Oggi possiamo cancellare la nostra coscienza e dormire tranquilli. Domani, quando sarà la nostra intera casa a bruciare, forse sarà troppo tardi. E del quadro non sarà rimasto che polvere.
Elisa Buglione-Ceresa, Gabriele Pujatti