Il tutoraggio è un metodo di crescita sia per chi spiega, sia per chi ascolta. Spesso nasce in forma spontanea: basta pensare ai bambini che si danno consigli su come colorare i paesaggi dei loro disegni.
Chi insegna non deve per forza essere un ragazzo più grande, può anche essere un amico esterno alla scuola o un compagno di classe. Sovente spiegare risulta ancora più difficile che imparare, perché vuol dire cercare di far comprendere all’altro ciò che s’intende nel modo più semplice possibile, dover ripetere uno stesso concetto più volte e con parole sempre differenti. La capacità del tutor non deve essere infatti quella di eseguire gli esercizi al posto del tutorato, ma permettergli di arrivare da sè alla soluzione grazie a qualche consiglio o chiarimento.
A volte questo metodo può risultare più efficace di una semplice lezione perché così è possibile avere una spiegazione più mirata in base alle lacune personali. Capita che diventi migliore anche di una consulenza con il proprio insegnante perché, essendo un rapporto tra ragazzi quasi coetanei, è più semplice e meno imbarazzante esporre i propri dubbi, e si ha anche la libertà di utilizzare un linguaggio meno formale, forse più semplice e giovanile.
Nella nostra scuola, restando a studiare in classe il pomeriggio, diventa un’abitudine aiutarsi tra compagni in questo modo, e, anche in preparazione di una qualsiasi verifica, può risultare estremamente utile poter contare sulla preparazione dei compagni e sui loro punti di vista riguardo le spiegazioni dell’insegnante.
Quindi, il tuo compagno di banco è un buon insegnante?
Serena Mocioni (2H)