Finito l’incontro in Aula Magna con le classi, Giovanni Del Ponte è stato prontamente ghermito dallo staff della redazione per una breve intervista, trasformatasi ben presto in un dialogo indagatore sulla scrittura e sulla lettura.
Ogni scrittore è anche lettore. Qual è il tuo approccio con la lettura?
Da ragazzo, più o meno come credo la maggior parte di voi, non stravedevo per la lettura. I fumetti catturavano la mia attenzione decisamente più dei libri. Ma ho una mia piccola teoria: anche il più
svogliato lettore se ha una predisposizione per le storie (cioè gli piacciono il cinema e i telefilm) prima o poi può incappare nel suo libro ideale, quello che lo conquisterà fino all’ultima pagina e lo inizierà al piacere della lettura. Io consiglio sempre di spingersi fino al terzo capitolo per capire se un libro può essere interessante. Per me il libro magico arrivò in IV ginnasio: “Dracula”. Da grande appassionato di horror, mi conquistarono le tenebre e il mistero che pervadevano l’intero romanzo. Una volta trovato il primo libro è facile continuare… Forse è stato proprio questo mio avvicinamento alla lettura che mi ha spinto in seguito a scrivere, per raccontare quello che mi sarebbe piaciuto trovare nei libri.
Quali sono stati i libri che ti hanno formato, colpito e ispirato di più, oltre “Dracula”?
Per quanto riguarda la mia scrittura, credo che sia stata influenzata in parte dalla mia seconda importante lettura giovanile, “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee. Fra gli autori che mi hanno insegnato di più, ultimamente il fisico Fred Alan Wolf è riuscito a donarmi una delle frasi che più mi hanno guidato in questi anni da scrittore: «Porti Grandi Domande è importante perché ti apre a nuovi modi possibili di esistere nel mondo, ma il vero trucco nella vita non è conoscere le risposte a queste Domande, il vero trucco è vivere nel mistero.» Sono i misteri e i grandi dubbi che spesso mi emozionano in una lettura, proprio perché ampliano i miei orizzonti.
Sì, si nota che il mistero ritorna spesso nei tuoi libri…come mai?
Ritengo che il percorso che si attraversa nella ricerca di risposte sia spesso più formativo delle risposte stesse. Durante il viaggio, fra dubbi e domande, si aprono sempre nuove strade, che portano a una visione più amplia del mondo. È stata proprio la stesura del mio ultimo libro “Acqua Tagliente” che mi ha fatto capire quanto fosse importante per me il mistero.
Ognuno ha dei piccoli segreti di scrittura, regole e abitudini che guidano la creazione delle sue opere: che consigli daresti a un giovane scrittore in erba?
Be’…innanzi tutto leggere, leggere, leggere! Ma dovendo pensare a una futura carriera, ci sono effettivamente un paio di regole che possono aiutare; tanto per cominciare fruire di più storie possibili, non soltanto attraverso i libri, ma anche attraverso altri medium, come il cinema e il fumetto, e, soprattutto, i racconti delle persone e le loro esperienze. Conoscere persone è fondamentale, ancor più se di idee e culture diverse. Inoltre non si deve mai aspettare l’ispirazione, ma scrivere regolarmente tutti i giorni, anche se a volte può sembrare difficile, avremmo magari voglia di fare altro o non ci sentiremmo ispirati: io impiego in media un anno a scrivere uno dei miei libri (raccolta di documentazione esclusa) e quasi mai posso concedermi il lusso di scrivere sotto l’influsso dell’ispirazione, più spesso scrivo semplicemente quando posso. A poco a poco però riesco a calarmi nella vicenda e nei personaggi, allora l’ispirazione arriva. Consiglio inoltre di lavorare molto di lima sui nostri testi, possibilmente col dizionario dei sinonimi e dei contrari sempre a portata di mano: leggere è una pratica più faticosa che, per esempio, guardare la tivù e, se usiamo troppo parole, rischiamo di stancare il lettore. Il dizionario dei sinonimi invece ci aiuta a cercare i termini che più si avvicinano all’immagine che volevamo rendere, all’emozione che ci tenevamo a trasmettere. La cosa però forse più importante in assoluto è riuscire a mettere se stessi in ciò che si scrive, come ci insegna Natalie Golberg nel suo bel manuale “Scrivere Zen”. Per fare un esempio, quando ero ragazzo non ero una cima nei temi. Cercavo sempre di scrivere ciò che m’illudevo sarebbe piaciuto all’insegnante, perciò non andavo in profondità dentro di me e, di conseguenza, i miei temi risultavano superficiali. Ho capito il mio errore un Natale di diversi anni fa: decisi di fare un regalo speciale alla mia compagna Giovanna, qualcosa di unico, e provai a scriverle un racconto. Ci misi tutto l’affetto che provavo nei suoi confronti e scrissi il primo testo che mi apparteneva veramente.
Libri a parte, durante il nostro incontro hai mostrato molto interesse anche per fumetti e cinema…
I fumetti sono stati il mio svago più amato prima dell’incontro con il Conte Dracula, e tutt’oggi sono una mia grande passione. Con Alan Moore, Frank Miller, Neil Gaiman e ultimamente con Rat-man di Leo Ortolani ho avuto modo di apprezzare il fumetto come una fantastica forma d’arte, sicuramente diversa dalla scrittura di un romanzo ma ugualmente valida e coinvolgente. Per quanto riguarda il cinema, non
solo ne sono appassionato, ma l’ho anche sperimentato provando a girare con i miei amici qualche cortometraggio, sebbene attraverso le sceneggiature non riuscissi a immedesimarmi nei personaggi come invece mi capita oggi nella scrittura. Come spettatore, penso che rispetto ai libri il cinema lasci meno
spazio all’immaginazione, ma come autore, ogni volta che mi immagino la scena di un libro, ancora oggi nella mia testa appare come la scena di un film, che traduco poi in scrittura.
Hai mai pensato a una versione cinematografica dei tuoi libri?
A dire il vero sì, ma in Italia è difficile trovare fondi per la realizzazione sia di un cartone che di un film. Proprio in questo periodo si sta traducendo in inglese “Acqua tagliente” nella speranza che possa interessare a qualche editore in America, dove c’è più disponibilità economica. Credo sia comunque una scelta impegnativa. Avendo avuto delle piccole esperienze nel mondo del cinema mi rendo conto che per una buona riuscita della versione animata o “dal vero”, il regista non dovrebbe limitarsi a copiare il libro. Si rischierebbe di ottenere un lavoro freddo, vuoto. Preferirei piuttosto che stravolgesse in più punti la trama ma seguiste il suo istinto, così da infondere nell’opera un po’ di vita. Non mi dispiacerebbe partecipare io stesso alla stesura della sceneggiatura, ma credo di non avere sufficienti competenze e professionalità per aspirare alla regia… O al massimo vorrei essere affiancato da un bravo coregista!
Tornando ai libri … i tuoi personaggi? Sono frutto di pura immaginazione? Come fai a renderli verosimili?
Mah, poche cose sono frutto di pura immaginazione nei miei libri, in quanto ogni elemento, consciamente o inconsciamente è stato influenzato da una mia esperienza. Per quanto riguarda i personaggi, spesso hanno i tratti caratteriali delle persone che conosco: amici, parenti…anche la mia compagna Giovanna ha donato qualche sua qualità a Crystal, leader della squadra degli Invisibili, protagonisti dei miei libri… O di Pumpkin dei WebTV BoyZ. È per questo che ritengo della massima importanza per uno scrittore cercare di conoscere persone, per poter ampliare la propria conoscenza della natura umana.
Con i tuoi personaggi e i tuoi romanzi spesso tenti di sensibilizzare il lettore ai problemi ambientali. Perché tanto a cuore questa causa?
Perché credo nel potere degli individui. Come dice lo zio di Peter in Spiderman: «da grandi poteri derivano grandi responsabilità». Queste parole vengono pronunciate prima di sapere che un giorno Peter acquisirà superpoteri. Ciò significa che ognuno di noi è dotato di grandi poteri. Per esempio, in una società come la nostra, il potere più grande è forse quello di acquisto: con le nostre scelte influiamo sul mondo, per questo penso che spetti a noi cambiarlo. Anche i supereroi dei fumetti o il maghetto Harry Potter se esistessero davvero potrebbero fare ben poco da soli. Non bisogna aspettare i governanti o un “eletto” come nei fantasy: ognuno di noi può fare qualcosa; ma solo ci manteniamo informati questo è possibile, ed è importante che lo siano soprattutto i giovani…
Ecco l’ultima domanda proprio sui giovani: le tue letture sono per i ragazzi, ma cosa sono loro per te?
Io penso che i ragazzi siano più vulnerabili e influenzabili, ma contemporaneamente più sensibili e idealisti. Ritengo che essere uno scrittore per ragazzi rappresenti per questo una grande responsabilità, di cui sento il peso. Tuttavia non mi arrogo il diritto di trasmettere loro ciò in cui credo, piuttosto attraverso i libri propongo spunti di riflessione e argomenti di discussione, sui quali i ragazzi potranno poi ragionare con la loro testa attraverso il piacere della lettura. È proprio per questo che ritengo importante venire nelle scuole a parlare con i ragazzi, sfruttandola come occasione per confrontarmi e migliorarmi.
Eugenia Beccalli e Federica Baradello (2F)