In occasione degli scioperi di protesta contro la riforma educativa cilena della scorsa primavera, siamo riuscirti a intervistare Sergio A. Leiva, professore di Storia, Geografia e Scienze sociali al Colegio Itegrado di Talca, Cile.
Può parlarci di come funziona attualmente l’educazione in Cile?
Il sistema vigente risale al 1980 quando, sotto la dittatura di Augusto Pinochet, venne approvata l’attuale Costituzione. È composto da scuole pubbliche, private e paritarie, gestite con fondi pubblici o privati. Con il tempo la mancanza di investimenti statali destinati all’istruzione ha causato una sensibile differenza di preparazione fornita dalle varie tipologie di scuola. Questa disparità è fonte di numerosi problemi quando arriva il momento di inscriversi all’Università: l’esame per accedervi è standardizzato a livello nazionale, quindi gli studenti che non si possono permettere di pagare le quote di una scuola privata sono fortemente svantaggiati.
L’educazione pre-universitaria dura 12 anni e si divide in due fasi: la Escuela Basica (che corrisponde alle nostre elementari e medie) e la Escuela Media (corrispondente alla nostra scuola secondaria di secondo grado).
Di recente il congresso ha approvato una riforma sull’educazione che entrerà in vigore dal prossimo anno: può spiegarci cosa cambierà?
Questa riforma si concentra solo sul sistema della scuola Media, in particolare solo sugli ultimi due anni, anche se di fatto influisce su tutto il percorso educativo precedente.
Quello che si propone è di ridurre le materie obbligatorie, attualmente da 10 a 12 a seconda dell’istituto. Secondo il Ministero dell’educazione questo sistema non è in linea con gli standard internazionali, che prevedono che le materie obbligatorie non siano più di sei. È stato quindi deciso di ridurre al 40% le ore obbligatorie per gli studenti di terzo e quarto Medio, lasciando a loro discrezione la scelta delle materie del restante 60%. Sono state individuate 27 materie, divise per ambiti: umanistico, scientifico-matematico e sportivo. Di queste, la scuola dovrà proporne un minimo di 6 agli studenti, che ne sceglieranno 3 per anno.
Questo sistema è causa di grande polemica, può spiegarci perché?
Il problema è sorto dalla scelta di quelle 6 materie obbligatorie, che saranno lingua e comunicazione, matematica, filosofia, scienze, inglese ed educazione alla cittadinanza. Come si può notare sono state lasciate fuori due materie significative: storia ed educazione fisica, con la conseguenza che molti studenti in futuro, nel caso non la scegliessero tra le materie opzionali, si troverebbero a non avere conoscenze fondamentali di storia cilena e mondiale. L’opposizione si accanisce anche contro la rimozione di educazione fisica. Il Cile ha livelli di obesità tra i più alti al mondo e per molti ragazzi la scuola era l’unico luogo in cui potessero praticare attività fisica.
Quali saranno secondo lei le conseguenze di questa riforma?
Secondo la mia opinione quello che cambierà è proprio l’obiettivo educativo di questi due anni di scuola. Mi spiego: se prima l’obiettivo era fornire un’educazione ampia a tutti gli studenti anche nei campi che non avrebbero approfondito all’università, adesso si vuole restringere la loro cultura generale e iniziare a focalizzare il percorso di studi fin dai 15 anni di età. Questo, secondo me, non si può considerare positivo, perché molti alunni di 18 anni hanno difficoltà a scegliere un percorso di studi adeguato alle loro prospettive future e nei prossimi anni questo problema sarà fortemente accentuato dal fatto che gli studenti non avranno gli strumenti per prendere questa decisione. Gli istituti scolastici stessi si trovano impreparati a gestire questi repentini cambiamenti, che dovrebbero entrare in vigore dal prossimo anno. La conseguenza di questo sarà, nel migliore dei casi, un po’ di confusione nei primi mesi, e nel peggiore centinaia di migliaia di studenti perderanno i due anni più importanti della loro educazione pre–universitaria.
Qual è la sua opinione riguardo a questo?
Sono un sostenitore del fatto che gli studenti debbano avere conoscenze il più ampie possibile e trovo discutibile che il governo non consideri fondamentale lo studio della storia, che è la materia che più di tutte insegna il giudizio critico. In Cile, che dopo quasi trent’anni vive ancora sotto una Costituzione fatta in dittatura, è particolarmente importante formare uomini e donne che possano evitare il ripetersi della violenza del passato, e questo si può fare solo con una profonda conoscenza di esso.
Gabriele Pujatti