Intervista doppia … Pizzala-Soglia

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Finalmente, dopo mesi di attesa e preparazione è arrivata l’ultima intervista doppia ai due prof di lettere che quest’anno hanno accompagnato l’Umbertimes nel suo intento informativo … e allora Messieurs et Mesdames, Señores y Señoras, Damen und Herren, Ladies and Gentlemen, Signore e Signori … ecco a voi l’intervista doppia a Pizzala-Soglia!


Per rincuorare gli allievi, cominciamo con una domanda classica per un’intervista doppia… il voto più basso che ha preso al liceo?

P: 2 … di latino!

S: 4

Uscirebbe con Dante?

P: Assolutamente sì! A prendere una birra, parlar di donne …

S:

Cicerone o Lucrezio?

P: Lucrezio

S: Lucrezio

Ungaretti o Quasimodo?

P: Bella sfida! … Ungaretti

S: Ungaretti

Scrittore o giornalista?

P: Scrittore

S: Scrittrice

Un allievo che l’abbia davvero fatta … uscire dai fogli?

P: Sinceramente mai.

S: Non c’è un’occasione precisa. In generale direi nei casi in cui gli allievi contestano senza capire lo spirito di un’azione

Una figuraccia epica a lezione (non vale negarne l’esistenza, non ci crediamo)

P: C’era fra gli ipse dixit credo: in quarta devo aver detto che nel Rinascimento si aveva una visione dell’uomo a 365°. In realtà però le peggiori sono quelle di cui gli allievi non si accorgono.

S: Beh, me lo dovreste dire voi!

Come pensa che la vedano gli alunni?

P: Credo che mi vedano appassionato in quello che faccio, ma probabilmente anche autoritario e autorevole allo stesso tempo. Però spero soprattutto che mi considerino giusto … cerco di esserlo se non altro. A volte penso che mi vedano anche un po’ esagerato … ogni tanto ho la sensazione che nonostante la battuta sia sempre ben accetta vogliano ricordarmi che non tutto, per loro, può essere messo sul ridere.

S: Anch’io credo mi vedano autoritaria all’inizio, poi spero che comprendano la passione che metto nel mio lavoro e che capiscano quanto l’amore per la cultura porti un’insegnate a pretendere certi risultati, non per il voto in sé quanto per portare gli allievi a essere liberi.

Il suo peggior difetto come insegnante?

P: Pretendere troppo forse, essere esigente e puntiglioso … magari non sempre nel contesto adeguato. In ogni caso  si pretende sempre in base a ciò che si dà.

S: Innanzitutto urlo troppo e a volte prendo troppo a cuore le questioni, assumendo degli atteggiamenti che possono essere fraintesi dagli allievi.

Provi a dare tre aggettivi alla scuola di oggi

P: Critica (inteso come “in crisi”) e allo stesso tempo stimolante perché va ristudiata, per alcuni versi ipocrita.

S: Autoreferenziale, alla ricerca di identità, ancora lontana dal mondo.

Provi a dare tre aggettivi alla sua scuola del futuro

P: Critica (questa volta nel senso positivo del termine, inteso come critica costruttiva), stimolante e giusta (espressione di giustizia a 360°).

S: Appassionante anzi appassionata, eticamente libera, capace di sviluppare cultura.

Quando avete deciso che sareste diventati insegnanti?

P: Ho deciso quando avevo 19 anni. In realtà all’inizio volevo lavorare con i bambini come già facevo dalla quarta liceo in una cooperativa sociale, poi all’esame di maturità mi hanno suggerito (come dire … caldamente?) di fare Lettere … e alla fine ho seguito il consiglio.

S: Fin dalla prima elementare desideravo fare l’insegnante, la maestra prima, perché mi piacevano i bambini, e la professoressa poi. Ora non insegnerei alle elementari, mi rendo conto che non sono portata, mi ritengo soddisfatta del mio essere professoressa.

Scuola e sport: un amore possibile?

P: Sicuramente possibile dove c’è tanta volontà e passione, e dove lo si pratica perché si crede nel valore sportivo. Se si tratta solo di uno svago o del sogno di un genitore è un altro conto.

S: Sì, ma penso, e l’ho imparato alle Convittiadi, che sia la scuola la prima a dover promuovere lo sport.

Liceo e università: due universi che comunicano?

P: Troppo lontani e troppo diversi. All’università i docenti sono più distaccati per quanto molti siano validi. Può essere un banco di prova con gli altri studenti, ma si è talmente tanti che si diventa quasi un numero. Le vere amicizie che ci si porta dietro per tutta la vita sono quelle che nascono fra i banchi del liceo.

S: Sono molto lontani. Soprattutto per quanto riguarda la vita degli studenti. É molto difficile stringere legami con professori prima di tutto, ma in parte anche con gli altri studenti. Non conosco la situazione delle materie scientifiche, ma per quanto riguarda quelle umanistiche sicuramente ci sono enormi differenze fra università e liceo anche a livello di contenuti. Se noi prof del liceo potessimo confrontarci con quelli universitari la ricerca probabilmente sarebbe meno sterile, potrebbe esserci uno scambio proficuo.

Siete soddisfatti del progetto “Umbertimes”?

P: Sì e molto. È qualcosa che è nato da zero e si è consolidato nel tempo grazie ad un bellissimo lavoro di squadra, anche perché altrimenti non ci investirei gran parte del mio tempo.

S: É il primo anno che mi faccio coinvolgere da questo progetto e credo sia uno dei più validi all’interno della scuola perché vede il lavoro autonomo di voi ragazzi, anche se guidato da noi professori e l’utilizzo delle nuove tecnologie.

Una canzone che la rappresenta?

P: Born to run di Bruce Springsteen

S: Sally di Vasco Rossi, anche se, voglio specificare, mi riconosco soprattutto nel modo di utilizzare il linguaggio nel testo. Ognuno può interpretare il testo come preferisce, può costruirsi un suo significato e amo molto questo uso polisemantico del linguaggio.

Una canzone che rappresenti l’altro/a?

P: “Pensieri e parole” di Battisti

S: “Non farti cadere le braccia” di Bennato

A quante di queste domande ha risposto sinceramente?

P: A tutte! Tranne una … forse. No, sinceramente a tutte.

S: A tutte

 

A cura di Federica Baradello e Nicolò Patanè (3F)

 

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