Ciao Prof,
non mi sono dimenticato della mia promessa, quella di scrivere un articolo. Anzi, ne sono ossessionato. Ci penso ogni sera prima di andare a dormire.
Mi metto davanti al computer, pagina bianca, pensieri in ebollizione, mani ferme. Completamente immobili sulla tastiera, che piange silenziosa e ride di buon gusto allo stesso momento.
Ride di me. Perché non riesco a scrivere una sola frase su come mi sento in quest’ora grave e in un certo senso solenne. Non riesco a scrivere niente.
Mi blocco, vinto dal troppo che sta succedendo in Italia, dal troppo che sto vivendo io. Lontano da casa in questo momento in cui il mio amore per l’Italia non è mai stato così grande. E non è perché quel pirla se n’è andato. E perché mi guardo intorno e vedo i miei altri compatrioti impegnati in uno studio matto e disperatissimo per avere un futuro certo in un mondo incerto. Li vedo incavolarsi quando siamo chiamati buffoni e giullari, quando siamo assimilati a Berlusconi e alle sue penosi azioni. La loro voce è calma ma la loro anima urla e si ribella: NOI NON SIAMO LUI. Noi non abbiamo niente a che vedere con il bunga-bunga, ma questo all’estero è un dettaglio. Ormai è la nostra etichetta e non riusciamo a levarcela. Non riusciamo a dir loro il contrario, non riusciamo a dir loro che noi siamo l’Italia, un piccolo, piccolissimo pezzo di una terra stupenda, unica e così giovane. Nata sulle ceneri di un Impero, sulle ossa di uomini che hanno donato la loro vita per l’umanità intera. La patria della poesia di Dante e di Leopardi, dell’arte di Leonardo, di Michelangelo e di Caravaggio, della scienza di Galileo e di Volta, dell’architettura del Bramante e di Piano, dei film di Fellini e di Pasolini, dell’avanguardia di Agnelli e di Olivetti e ancora e ancora. Dove sarebbe l’uomo, oggi, senza di loro. Noi siamo questa Italia, urlano le loro anime. E gli altri hanno paura ad affermarlo, tremano al solo pensiero che un solo popolo riesca a inglobare così tante divinità terrestri. Tremano perché un italiano in gamba riesce ad arrivare oltre la Luna. Raggiunge vette mai esplorate e neanche pensate. Date a un tedesco un obiettivo senza un piano e sbianca. Non sa più dove guardare. Date a un italiano un obiettivo e ne tira fuori un capolavoro. Un pizzico di genio, un piccolo dono dei nostri padri, è arrivato fino a noi, in ognuno di noi. E noi vogliamo voltare pagina. Vogliamo che il sipario cali e uscire dal teatro, fatto di burattini e cazzate. Vogliamo un’Italia migliore. Un’Italia rispettata e degna del proprio passato. Non quella ridicola degli ultimi mesi, che assomigliava più ad uno scolaro che a un paese; uno scolaro ripreso e sgridato dai maestri Sarko e Merkel per non aver fatto bene i conti. Ma quale umiliazione quella risata. Te la ricordi? Ma certo che te la ricordi, perché sono certo che ha ferito anche te.
Vorrei che ne parlaste in classe. Che per un giorno, tu e i tuoi colleghi, lasciaste Paolo e Francesca soffrire da soli, le storie di Erodoto nel cassetto e spiegaste cosa diavolo sta succedendo fuori dai muri della scuola. Lo so per esperienza che al di là di una piccolissima fetta di studenti, la stra grande maggioranza è totalmente all’oscuro del mondo reale uscito dal liceo. Perché non fai un test. Chiedi ai tuoi studenti cos’è lo spread, l’OMC, un deficit, il cuneo fiscale, se sono al corrente di una crisi alimentare paurosa e dimmi quanti sono riusciti a risponderti. C’è bisogno di più conoscenza per evitare che un altro governo irresponsabile salga al potere. Uso irresponsabile perché è il termine più appropriato: quando un governo lascia il proprio paese indebitato fino al collo è irresponsabile, così come un padre di famiglia che lascia i debiti da pagare ai figli.
Mi accorgo ora di aver un po’ esagerato. Spero che tu sia arrivato fino alla fine.
Un abbraccio,
Brando Ceratto