Janette – capitolo 3

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PAT

  

Riprendi fiato!

Porco giuda, Pat, riprendi fiato!

Basta, hai già corso abbastanza. Miseria, hai corso per cinque minuti senza sosta. Giù dalle scale, fuori dalla finestra, sei passata davanti al droghiere, salutata indifferente dal panettiere, dietro il cinema, sotto il ponte, guardata da quel barbone sbalordito e via per la discesa. Hai fatto le scale, corso tra la fila, ti sei confusa tra la gente e ora sei qui…Riprendi fiato!

Respira. Espira. Respira. Espira. Il meccanismo è semplice. Sei troppo in gamba per morire di crepacuore. Ma che dico, sei troppo giovane! Non si può morire di crepacuore a vent’anni….forse…non lo so…vedremo. Che pensieri lugubri che hai, ragazza mia.

Ok. Si aprono le porte. Ragazza, sali in metro!. Ero sovrappensiero. Stavo guardando il buffo omino sulla destra, la signora e il suo nuovo taglio di capelli, forse anche quel lampadario che oscilla sopra la nostra testa. Dovrebbero cambiare le lampadine a volte, non si accorgono che qui sotto è così buio?! Qualcuno potrebbe inciampare.

Le porte ancora aperte. Sali, per la miseria!

Si richiudono le porte. Cerchiamo un posto. Uff.

Mmm… magari sopra c’è ancora una spazio.

Infatti. Ancora meglio. Un piccolo sudicio posto, vicino al finestrino. Un bel posto per guardare fuori. Il mondo che scorre veloce, e non solo per colpa della metro; il posto per pensare, sperare, osservare.  Osservare la gente che parla, che ride, che gioca, che litiga…O sognare tristemente tanto verde, ma le piante sempre troppo tristi, la strada sempre troppo grigia e la città piena di luci; luci fuori da un pub, un hotel, una casa, un negozio, una strada. Illuminano la tua vita. Tu che hai bisogno di luce adesso. Siediti, c’è il tuo posto preferito.

Siediti. Ok. Con calma, ok. Che cosa cazzo ha da guardare quel tipo?!.

Forse non è abituato a vedere una donna di fretta?!.

Lascialo perdere, non ti agitare, aumenterai il batticuore.

Respira. Espira. Respira. Espira.

 

Che bella quella donna. Tailler da avvocato o un lavoro del genere, sai quelli dove c’è bisogno di un vestito formale. Sarà un’ importante dottoressa o un’insegnante di qualche scuola privata giù in centro. Capelli rossi, piega appena fatta. Mi fermo a guardare come quei bellissimi capelli scendono leggeri sulle spalle, non uno fuori posto. Frangetta scalata. Atteggiamento severo e altezzoso. Si, è sicuramente qualcuno di importante. Squadra tutti come fossero manichini e burattini, quasi  volesse controllarli. Mi verrebbe voglia di tirarle uno schiaffo. Ma a quel punto sarei io l’impertinente. Magari mi farebbe sbattere in gattabuia.

Ma che stai dicendo?! Perché ti interessa tanto questa stramaledetta donna?.

Perche?

Sarei potuta essere come lei.  Magari qualche mese fa.

Per la miseria, Pat, riprenditi!

Passa la metro, i capelli perdono la forma perfetta, quell’aria da reginetta sparisce. Le cadono dei fogli da una cartellina color verde bottiglia. Sono analisi o…ecografie.

Stretta al cuore. Distogli lo sguardo. La donna ora è implorante, cerca un aiuto che sa che non arriverà. Nessuno è solidale. Potresti darle una mano. Ma perché?

Per poi rimpiangere di aver guardato troppo a lungo delle immagini di un bimbo non tuo? Per poi salutarla dicendole “congratulazioni”? No, tanto vale rimanere qui e aspettare la prossima metro.

 

Quanto vento. O forse è la metro che sfreccia troppo veloce.

Le gocce scivolano troppo veloci. Ha piovuto tantissimo in questi ultimi giorni. Dal locale si vede un sacco la pioggia. Abbiamo la visione su quasi tutta la città dalla soffitta. Si vede il negozio del droghiere, quell’ alto e scortese signore sui quaranta  che tratta così male il suo garzone. Un po’ mi dispiace, ma ognuno il suo.

Si vede il negozio a fianco, il panettiere. È sempre così dolce con me e…

E poi si vede la discesa che porta al ponte. È da lì che si vede la città in effetti.

La vista arriva quanto basta per scorgere l ‘insegna del cinema. Adoriamo quel cinema. Ador…

Peccato mi piace la pioggia. L’ antidoto migliore alle…fiamme. Non lascia tracce, spaventa di più il temporale senza sosta o il cielo nuvoloso e scuro. Mi spaventano ancora di più gli aerei a dir la verità, ma questo non c’entra niente. Il vento quello si che mi spaventa. Esce ed entra nella tua testa senza darti tregua. Adesso lo sopporto un po’ di più, forse perché mi lascia senza pensieri.

Piccoli bambini senza ombrello. Piccoli e spaventati. Devono attraversare la strada per quello che ho visto. Con la pioggia e questo stramaledetto vento. Ma che razza di madri possono lasciar uscire i figli con un tempo così?! E che maestra stupida! Non ti sei accorta, vecchia megera, che pioveva, quando hai portato via i bimbi dall’ asilo?

Stupida! Domani si prenderanno tutti un  bel raffreddore. Se non qualcosa di più grave!

Oddio Pat, riprenditi!

Dovrei mangiare qualcosa. Posso scendere a Boulevard e andare dal Mc che mi piace tanto. Sarebbe carino, ogni tanto, fare uno strappo alla regola. Mangiare un po’ di schifezze, fumare una sigaretta. Penso proprio che andrò a quel Mc. È proprio quello che mi ci vuole. Sane schifezze e camerieri lenti a portartele. Potrei fare la collezione di quei giocattolini che danno con il menù per bambini, magari gli serviranno.

O magari hai qualcosa di più preoccupante a cui pensare!

Magari pensa a cosa farai quando scenderai dalla metro.

Le porte si riaprono. No, non scenderai qui. La prossima, dai, aspetta la prossima.

Sei una codarda, oltre a essere stupidamente ingenua. J .

Scaccia via quel NOME! Non ti importa di lei. Lasciala stare.

È successo di nuovo!! Sempre più spesso. Reagisci. Stupida, stupida, stupida!

No, signora, non mi fissi così. Non sono matta. Forse. Ma non ancora totalmente. Al posto di fissarmi con quell’aria ebete, vieni a chiedere come sto, se ho bisogno di aiuto. Accompagnami al mio Mc Donald‘s preferito, stupida vecchia rimbambita! No, non sono posseduta. Forse. Di questo non sono totalmente certa.

Sto per tirarti un pugno se non la smetti di fissarmi! E fissami. Io fisso te.

Ma che stai facendo?! Ti metti a giocare con una vecchietta a chi fa più la dura. Tanto vince lei, lo sai. Sei una sciocca bambinetta di vent’anni. Troppo cresciuta.

Hai deciso di fare la grande. Adesso ne paghi le conseguenze. E questa vecchietta non è la persona adatta a cui raccontarlo. Tu sapresti a chi raccontare le cose.

Che dolore, di nuovo il mal di testa. Odio il mal di testa. Non mi fa pensare. È un po’ come il vento, ma è più letale. Resta lucida. Respira. No, basta, cazzo!

Decido io.

No, scendi qui, bambinetta.

No, la prossima. Scendi.

No, se non voglio, non scendo!

E scendo. Lascio il mio posto vicino al finestrino. Lascio anche la mia borsa sul sedile. Lascio la mia voglia di reagire e scendo.

E sono davanti alla porta della soffitta, senza neanche ricordarmi di aver percorso la scala a chiocciola. Sono davanti alla porta.

Prendo le chiavi in tasca, perché non ricordo dove ho messo la borsa. Così non vale. Non posso perdere ogni volta le mie cose. Tutta colpa tua.

No, COLPA TUA!!!

Ed entro, ma non riesco a capire cosa c’è che non va.

Mi volto. Non sono sola. Due occhi mi stanno fissando nel buio. Non li vedo, ma sento la loro presenza calda, ustionante su di me.

E corro.

Chiara Carrera (1C)

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