Nessuno sembra accorgersene, ma la vita di oggi è così frenetica e siamo così abituati a essere costantemente circondati da masse immense di persone che abbiamo perso la capacità di apprezzare la bellezza di stare da soli.
Proviamo a sbirciare nella tipica giornata di un ragazzo di 17 anni: ci si sveglia al mattino presto, ci si prepara di corsa e si esce di casa. Già quando si prende l’autobus per recarsi a scuola si incontra la folla: un centinaio di persone schiacciate come sardine in uno spazio che andrebbe bene per ospitarne la metà, e c’è chi urla, chi spinge, chi litiga…
Quando finalmente si arriva a scuola, si entra, si assume la propria dose di indottrinamento quotidiano e, durante la giornata, si passa anche un po’ di tempo con gli amici. Poi si torna a casa, dove di solito si ha tempo di fare i compiti e di stare un po’ sui social o di dedicarsi a un hobby. Infine, dopo una cena rapida, si va a dormire. E il mattino dopo è lo stesso film. Per gli adulti alla scuola si sostituisce il lavoro, ma la questione non cambia poi tanto.
Di tutte queste ore passate, quanto tempo abbiamo davvero dedicato a noi stessi? Neanche un minuto probabilmente. Abbiamo agito come automi, ripetendo azioni consuete e in un certo senso “imposte”, uniformandoci a un percorso unico, che ci priva della nostra identità. Anche durante il tempo che crediamo di passare da soli, come quando guardiamo la TV o siamo sui social, siamo costantemente bombardati da input del mondo esterno. Quando vediamo una pubblicità, per esempio, siamo già vittime di un tentativo da parte delle aziende di conformarci alla moda del momento, di spingerci a comprare l’ultimo modello di telefono, l’ultimo vestito trendy, eccetera. E oggi, purtroppo, quello che molti tendono a fare è uniformarsi, non prendere iniziative e non fare nulla se gli altri non lo fanno. Sentono il bisogno che le loro azioni siano legittimate dalla moda e da ciò che la maggior parte delle altre persone fa. Questo avviene in molti campi: dall’abbigliamento ai gusti musicali, dallo stile di vita al modo di pensare. E quello che, a mio avviso, preoccupa di più è la perdita della capacità di pensare con la propria testa, l’essere “schiavi” del pensiero della massa. Comportandosi in questo modo non si riesce a essere sé stessi, né a sviluppare un’identità e alla fine della propria vita si realizzerà di non essere stati nessuno. Troppo brutale? Forse, ma sicuramente realistico.
Ogni tanto bisognerebbe fermarsi un attimo, tagliare i legami con il mondo esterno, trovare un momento per sé stessi e ascoltarsi. Capire che la propria compagnia è l’unica che non ci abbandonerà mai, e che bisogna imparare ad apprezzarla. Bisogna imparare a chiedersi che cosa ci piace veramente e non ciò che gli altri vogliono farci amare. Ci saranno sempre influenze esterne, ma tra essere influenzati da un look, da una lettura, da un disco, da un’opera artistica ed essere la copia esatta di qualcun altro, soprattutto per quanto riguarda la mentalità, c’è un abisso. Nel primo caso siamo di fronte a un processo di formazione della persona, che non può prescindere dalla ricezione e dalla conseguente metabolizzazione di stimoli esterni; nel secondo caso si tratta di un processo sterile e di degenerazione.
C’è il bisogno, a questo punto, di lanciare un appello a tutti coloro che vogliono sentirsi davvero liberi: smettetela di farvi trascinare dai vortici della moda e della massa, smettetela di imitare gli altri, prendete le vostre iniziative e non ascoltate chi vi dice cosa fare. Ritagliate del tempo per voi stessi e ascoltatevi. Imparate a isolarvi, ogni tanto. Concedetevi il vostro tempo, le vostre riflessioni, le vostre emozioni, che sono vostre e di nessun altro. Mettete voi stessi al centro, ammirate il fascino dei momenti di solitudine: vi aiuteranno a ritrovarvi e a pensare con la vostra testa. Imparate a piacere a voi stessi, prima che agli altri: non c’è nulla di più giusto. Riscoprirete la bellezza dello stare da soli. C’è qualcosa di egoisticamente affascinante in tutto ciò. Ed è bellissimo!
Francesco Fronte