La fantascienza è sempre più vicina

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TecnologieAndroidi, centrali a fusione ed arti bionici. Per non parlare dell’armatura di Iron Man. Pare che in questi ultimi tempi si vedano parecchie invenzioni scientifiche che molti autori di libri di fantascienza avrebbero dato un occhio per vedere. Andando con ordine cronologico, partirei dagli amici del caro Isaac: gli androidi! Pare che ultimamente varie nazioni, ma il Giappone in particolare, si siano messi alla prova nel campo della robotica. Per i pochi che non lo sapessero, gli androidi sono macchine con sembianze umane. Avete presente Terminator? Ecco, simili, solo un po’ meno “Schwatzeneggeriani”. Diciamo che avrebbero ancora bisogno di un po’ di stretching per rendere i loro movimenti leggermente più fluidi, e dovrebbero forse sembrare un po’ meno dei pupazzi, ma per il resto direi che siamo abbastanza avanti. Scherzi a parte, questo è un passo molto importante per la scienza. Quando Asimov ne aveva parlato in libri come “Fondazione anno zero” erano pura fantasia, ma adesso sono realtà (come la CCTV teorizzata da Orwell in “1984”). Speriamo solo che Skynet e Matrix restino nel loro mondo di invenzione cinematografica. C’è da sperare che insegnino loro le tre leggi della robotica.
Numero due: l’arto bionico. Dennis Aabo Sorensen, 36enne danese di Aalborg nonché ennesimo zuccone che a capodanno (del 2004) si è fatto saltare la mano sinistra con un petardo, ha avuto la straordinaria possibilità di diventare il primo uomo bionico nella storia. La geniale protesi biomeccatronica che gli è stata impiantata al policlinico Gemelli di Roma, è il risultato di più di cinque anni di lavoro combinato di medici e bioingegneri dell’università Cattolica- Policlinico Gemelli di Roma, dell’Università Campus Biomedico di Roma, della scuola superiore Sant’Anna di Pisa, dell’istituto San Raffaele di Roma, dell’École Polytéchnique Fédérale di Losanna e dell’istituto Imtek di Friburgo. Questa straordinaria protesi riceve ed invia segnali al cervello, grazie a quattro elettrodi di dimensioni poco superiori a quelle di un capello impiantati in due dei nervi del braccio, ed a dei sensori attivi su indice e mignolo. La mano, che comunica con il cervello grazie a due algoritmi che traducono i dati raccolti dai sensori in impulsi elettrici, ha dimensioni, capacità di movimento ed peso simili a quelle di una mano vera. I sensori inoltre sono in grado di rilevare dimensioni, forma, peso, consistenza e posizione degli oggetti. “Il feedback sensoriale è stata un’esperienza stupenda, tornare a sentire la consistenza degli oggetti, capire se sono duri o morbidi e avvertire come li impugnavo è stato incredibile” racconta Dennis, il quale in soli otto giorni di esercizi ha acquistato un buon controllo dell’arto e ha imparato a riconoscere la consistenza degli oggetti con il 78% di accuratezza sulle prese effettuate. Insomma, un grande traguardo tecnologico anche questo, con il solo problema che, a parte il nostro amico danese, nessuno sarà così fortunato da riceverne una gratis in caso di necessità.
Numero tre. L’armatura di Iron Man.
Giuro che non sto scherzando. Il ministero della difesa degli Stati Uniti ha indotto una gara d’appalto per lo sviluppo di un’armatura corazzata, con sistemi elettronici integrati per i suoi soldati. Il primo a proporre un prototipo di significativa utilità è stato il MIT di Boston, che ha presentato il Tactical Assault Luce Operator Suit, Talos per gli amici. Questa armatura è provvista di un esoscheletro in grado di potenziare i movimenti grazie ad un sistema idraulico (ancora in fase di progettazione), di svariati sistemi tecnologici in grado di comunicare le funzioni vitali del soggetto e vari sistemi di puntamento utili al soldato. L’armatura è costruita a strati, ai quali è interposta una sostanza liquida in grado di solidificarsi nel giro di una frazione di secondo quando riceve un impulso elettrico, diventando una corazza antiproiettile. Unica pecca di questo progetto geniale sono le batterie: due, enormi e che producono un calore incredibile. In pratica il soldato non muore per i proiettili, ma finisce cotto come un uovo in camicia, o meglio, in armatura.
Numero 4. Last but not least. La fusione nucleare.
Torniamo di nuovo dagli amici dello zio Sam, perché sono stati loro, nel laboratorio di Livermore, California, a riuscire finalmente a produrre più energia di quella necessaria ad innescare la reazione. Nonostante dopo decenni di tentativi questo sia un enorme traguardo, siamo ancora lontani dall’utilizzare la fusione come forma di energia. L’esperimento, condotto dagli scienziati del team guidato da Omar Hurricane (e del quale fa parte anche un italiano, Riccardo Tommasini), prevede che 192 raggi laser vengano concentrati su di una sfera di due millimetri contenente deuterio e trizio (isotopi dell’idrogeno) in modo che essa raggiunga temperature superiori ai 3 milioni di gradi; i due elementi vengono uniti forzatamente in un nucleo di idrogeno, che fondendosi rilascia un atomo di elio ed un neutrone, che se ne va solingo per la sua strada. Per quanto il risultato sia importante, il progetto necessita di ulteriori sviluppi, dato che nonostante si sia riusciti a produrre più energia di quella utilizzata, gran parte di essa viene assorbita dai laser durante tutta la complicata procedura, tanto che per produrre un quantitativo di energia significativo bisognerebbe ripete la reazione circa 20 volte al secondo. Secondo gli economisti, quando questo metodo di fusione sarà disponibile, rivoluzionerà completamente la produzione di energia. Dei quattro traguardi raggiunti quest’ultimo è sicuramente il più importante, anche a livello di utilità per il genere umano, perché ridurrebbe enormemente l’utilizzo di combustibili fossili o del nucleare, risolvendo in parte il problema dell’inquinamento.

Insomma, direi che questi ultimi tempi sono stati abbastanza sovraffollati da una marea di scoperte scientifiche più o meno utili, ma del resto la fantasia non ci manca e la curiosità nemmeno. Basti pensare che Ulisse è finito all’inferno per questo.

Davide Costa (3H)

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