Il 23 giugno 2016 la maggioranza di cittadini britannici votò a favore dell’uscita dall’Unione Europea tramite un referendum indetto dal primo ministro David Cameron. Dopo un intenso dibattito e dopo l’annuncio dei risultati del referendum, il primo ministro decise di dimettersi; prese il suo posto Theresa May, favorevole all’uscita dall’Unione Europea. Nei mesi successivi Theresa May ha raggiunto, faticosamente, un accordo con la Commissione Europea.
Dopo un primo rinvio del voto voluto dal governo britannico, martedì 8 gennaio è arrivato finalmente il momento di votare all’interno della House of Commons. Il voto è stato una débacle per il governo che ha ricevuto 432 voti contro e solamente 202 voti a favore dell’accordo: questo potrebbe portare il Regno Unito in gravissime difficoltà con l’avvicinarsi della deadline impostata per Marzo 2019. La sconfitta è stata seguita da una mozione di sfiducia nei confronti del governo, presentata dall’opposizione labourista, che è però stata rigettata. Alla fine di questa settimana c’è ancora molta incertezza sulla Brexit, in quanto una gran parte dei cittadini chiede un secondo voto al riguardo, per evitare uno “scenario No-Deal” che comporterebbe diversi problemi.
In primo luogo, ci sarebbe la reintroduzione di dogane e controlli al confine con la Repubblica d’Irlanda, cosa che scatenerebbe la reazione del gruppo dell’IRA, le cui istanze erano state almeno in parte accolte con l’ingresso del Regno Unito nell’area Schengen. Un altro problema è rappresentato dalla difficoltà che verrebbe affrontata dagli inglesi con la reintroduzione di tariffe sul commercio intraeuropeo, che potrebbe ridurre il valore della sterlina ai minimi storici. Il terzo problema che i britannici sarebbero costretti ad affrontare sarebbe il malumore di alcune nazioni all’interno del Regno Unito – come Scozia e Irlanda del Nord – che votarono contro l’uscita dall’Unione Europea ed è quindi probabile che, come reazione, possano richiedere un referendum per uscire dal Regno Unito.
Dall’altra parte possiamo invece vedere un bagliore di speranza per l’Unione Europea che si troverà a dover affrontare meno opposizione alle leggi proposte all’europarlamento, cosa che potrebbe costringere i paesi membri ad una maggiore integrazione per ovviare all’assenza del Regno Unito; ne è un esempio il recente trattato di Aachen in cui Francia e Germania hanno deciso di attuare un’integrazione degli eserciti e di supportarsi l’un l’altro ancora di più di quello che già non fanno.
In conclusione, il Regno Unito ha la necessità di raggiungere prima possibile un accordo con l’Unione Europea per evitare uno scenario cosiddetto di Hard Brexit, che avrebbe conseguenze disastrose.
Francesco J.T. Mottino e Pierre Pescheux