La guerra dei poveri

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Commedia umana d’avanspettacolo, a prezzi ridotti

– Dedicato a tutti coloro che vogliono la pace nel mondo (compresa Miss Italia) –

– Ingresso gratuito a non udenti e non vedenti (solo se simultaneamente), uomini eletti all’oscuro silenzio che grazia dalla messinscena –

Prologo

Fanteria, Cavalleria, Genio, Artiglieria, Trasmissioni e Trasporti. Le Armi son pronte.

La fanteria si apposta nelle retrovie, spazio vitale per incursioni repentine sul versante meridionale. La cavalleria si schiera sui lati di cesariana memoria, pronta ad intervenire allo squillo di tromba e convergere al centro. L’Artiglieria si mimetizza tra le fila, a macchia di leopardo. Trasmissioni e Trasporti ai quattro angoli del campo di battaglia. Tutto sommato il fuoco incrociato può rivelarsi decisivo per mascherare i messaggi in codice che tagliano in diagonale l’arena. Il Genio … manca anche stavolta! E dire che aveva garantito la sua presenza!

Su il sipario!

Atto Primo (e, per fortuna, unico)

Voce fuori campo (per tutta la durata dello scontro) che tenta di farsi ascoltare. Trecentosessanta orecchie che non ritrovano neppure la gemella. Le prime avvisaglie si levano dal fondo; il crescente fruscio non è quello del vento; il costante gorgoglio si leva senza rivo strozzato. Tentativi d’armistizio vanno a vuoto fin dall’inizio, lasciando il campo alla voce delle armi. Fanti che pestano i piedi, cavalieri disarcionati alla ricerca di rifugi sicuri, carristi senza patente e alpini (qualcuno anche sommozzatore), tutti a decifrare ordini trasmessi senza logica militare, portati da staffette improvvisate o vicine alla pensione. Un’armata Brancaleone insomma (e speriamo che Monicelli non si offenda).

Eccolo qui l’esercito schierato – si fa per dire – sul campo di battaglia. Gli Alti Comandi mantengono a fatica il controllo della situazione, il clima è infuocato, davanti agli occhi di tutti è sempre chiaro il motivo della contesa, perlomeno per i primi colpi sparati a freddo. La battaglia s’accende, d’improvviso la situazione degenera, il nemico è sempre più invisibile. A chi sparare? Ma le munizioni non sono finite, vanno usate in ogni caso, che si veda o meno su chi puntare fucili e cannoni. Siamo a gennaio, ma il pensiero corre subito ad un sereno mercoledì di settembre di 66 anni fa (a pensarci bene, manca solo un sei per il numero della Bestia). E’ il momento ideale per nuovi leader, improvvisati o meno, che riaccendano animi assopiti dal logoramento della trincea. Qualche tentativo d’emersione senza ossigeno (forse un ardito alpino sommozzatore), subito respinto dalla marea sovrastante e da quel che resta di generali increduli. Urla indistinte dai punti cardinali si levano feroci, e vanno a mescolarsi con quelle dell’ex-comandante in capo. Ammutinamento? Forse. Disperazione calma? Per niente. Libero sfogo alle delusioni degli ultimi anni di guerra, passati su fronti sempre più inventati, trascorsi perlopiù senza reali approvvigionamenti di dignità. Tutti contro tutti, e chi si salva è perduto!

Congedo (sempre che in sala siano rimasti spettatori – quelli che dormono non vanno contati)

Waterloo? Caporetto? El Alamein? No, no, no … pensate positivo!

Maratona? Lo sbarco in Normandia? L’offensiva del Tet? … ma dai, non diciamo sciocchezze!

No, tutto molto … troppo … tragicamente più semplice.

Nient’altro che un GIOCO COLLIDENTE, favorito da DOLCI TECNOLOGIE; un ILLECITO CONGEDO di un ILLOGICO DOCENTE reduce, tra GOCCIOLE DOLENTI, dal suo caro e anagrammato … COLLEGIO DOCENTI.

Carlo Pizzala

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