La grande America, la potente America, la bella America. Quasi una leggenda, il paese per antonomasia dei sogni che si realizzano. La sua fama è mondiale. Questa fama, però, più che guadagnata sembra essere stata costruita apposta, mattone dopo mattone, piano dopo piano, come uno degli immensi grattacieli di cui va fiera. Media e televisione hanno un grande ruolo in questa “costruzione” ad hoc, ma, come ben si sa, la realtà non corrisponde sempre a ciò che è mostrato sugli schermi. Nel caso degli Stati Uniti, questo è più vero che in altri contesti. Perché? Perché al mondo viene mostrata la piccola fetta di una nazione che ha poco o niente della meraviglia vantata. Ovviamente, nessun paese è davvero come la tv ce lo fa vedere: l’Italia non è veramente il paradiso mare e sole che sognano gli stranieri, in Russia non ci sono solo spie e nemici degli Stati Uniti, il Sud America non è esclusivamente il paese della droga. La realtà è qualcosa di difficile comprensione, a meno che non la si viva in prima persona. È qualcosa di lontano (come per noi lo sono gli USA), che non si riesce mai ad afferrare del tutto a meno che non si metta piede negli stessi luoghi che la televisione ha reso protagonisti.
Gli Stati Uniti che noi conosciamo sono quelli della leggenda. Siamo abituati a vedere New York come una delle città migliori del mondo. Non lo è. Può essere un luogo affascinante, ma non bello, può essere una città sorprendente, ma è anche triste. New York è una città a livelli. Chi non ci vive, chi non la guarda con occhi diversi e non va oltre al mito, ne vede solo il livello più in superficie, quello più lontano dalla sporcizia, dalla miseria. Il panorama dall’Empire State Building è eccezionale ed unico, ma basta scendere un po’ più in basso per accorgersi che il suo fascino mozzafiato lascia il posto ad un’amara realtà. Per le strade degli Stati Uniti si vede la povertà e la disperazione di un popolo che vive per il denaro necessario ad arrivare a fine giornata e per null’altro. I cittadini che elemosinano sono tanti, anzi tantissimi, e sono accampati sotto ai grattacieli degli uomini più ricchi del mondo. Sui lati della 5th Avenue si vendono prodotti dai prezzi esorbitanti, e accanto alle vetrine dei negozi più famosi del mondo le persone sono sdraiate sull’asfalto, non solo povere ma ubriache, drogate, a volte senza gambe, altre volte senza mani, tutte senza un dollaro.
Gli homeless, dal governo degli USA, sono ritenuti “colpevoli”. Di che cosa? Di non avere una casa. Si chiama “reato contro la qualità della vita”. Il diritto americano, infatti, dagli anni ’70 fino a oggi, ha sistematicamente e coscientemente ostacolato, e poi nascosto, i suoi poveri. I media non ne parlano e la legge permette di mantenere “il segreto”: sono i ricchi che vengono aiutati dal governo attraverso riduzioni fiscali, agevolazioni sugli acquisti e sconti; il sistema giuridico protegge i più forti, la sanità è al “servizio” di chi la può pagare. Non a caso il 25% degli oltre 2000 miliardari del mondo vive negli Stati Uniti. Senza i soldi, purtroppo, nel “nuovo continente” non si sopravvive. Questo significa che 40 milioni di poveri e più di 5,4 milioni di americani con povertà ai livelli di un paese del terzo mondo sono emarginati da un sistema sanitario che funziona solo se si ha il denaro per pagarlo. La verità è che gli USA hanno una doppia faccia: se da una parte la loro democrazia è “aperta al mondo” e “straordinariamente generosa” (Sergio Romano, storico, scrittore, giornalista e diplomatico italiano), è anche vero che “possono essere in molte circostanze un Paese nazionalista, razzista, continuamente percorso da tentazioni autoritarie” (Roberto Festa, L’America del nostro scontento, 2017) e questa doppia faccia non viene mostrata al resto del mondo.
Il sistema sanitario non è l’unico a mettere in difficoltà: i prezzi dei college sono altissimi (in media si parla di 30 mila all’anno, per minimo 4 anni), i prezzi al consumo sono aumentati dell’1,9% nel marzo 2019 mentre, al contrario, i salari rimangono costanti. I compensi sono infatti uno dei punti più deboli di una crescita economica che in questi anni, nonostante la continua marcia, è stata caratterizzata da significative diseguaglianze.
Oltre al tipo di società capitalista per eccellenza, che porta ad un grande divario tra le classi, e ad una comunità che non è bastata sull’uguaglianza (paradossale, se si pensa al fatto che la maggior parte della popolazione è composta da immigrati o discende dagli stessi e che gli Stati Uniti sono un grande “bacino” di raccolta di persone di diverse nazionalità) la cosiddetta “leggenda dell’America” nasconde anche una grande solitudine. La gente è tanta, tantissima, in città come New York, eppure, quando si cammina per le strade dei quartieri meno centrali, si prova una sensazione d’abbandono, ci si sente soli in un ambiente pieno, movimentato ed occupato ad ogni ora.
Nonostante ciò gli americani vanno fieri del loro paese, tappezzano le loro case con bandiere a stelle e strisce, amano gli Stati Uniti, li difendono. Forse anche loro vivono credendo alla “leggenda dell’America”, ma per un buon motivo: sono stati educati a farlo fin da piccoli. D’altronde è difficile tenere unite così tante persone d’origini e nazionalità diverse, su un territorio così vasto e con così tante differenze, senza insegnare loro che il paese in cui sono nati o cresciuti è il migliore in cui vivere. Agli Stati Uniti la leggenda serve per rimanere uniti.
Isabella Scotti