La Linea

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Il professore: mestiere insidioso. L’idea che si forma nella mente di un quindicenne quando si pronuncia questa parola, al di là delle esperienze personali, è quella di un personaggio praticamente leggendario, che dà voti. Perché sostanzialmente è quello che fa: ci dà una valida motivazione per aprire il libro a suon di numeri. Il professore, età media indefinita in quanto è un ente, oggetto di arredo scolastico, c’è, c’è sempre stato e sempre ci sarà. Ovviamente questo in linea generale, una prima sensazione d’impatto. Se si prende un alunno qualsiasi, anche il più tongolo, ti risponderà che: <<Ovvio che i prof c’hanno una vita, la famiglia, il cane….sono esseri umani!>>. Certo, grazie, ma quanti se li figurano realmente come tali?

Non è solo una questione scolastica: anche nei rapporti di gerarchia d’ufficio sul lavoro spesso il “capo” è un’entità che ha solo aspetto antropomorfo ma non è realmente uomo. Non ci si riesce neanche a immaginare il “capo” come una persona comune, simile a noi. Il suo mondo è diverso, non si sa in base a che legge ma è così.

C’è qualche sventurato che nella storia scolastica ha provato a rompere questa bolla di divinità professoresca, qualche docente che ispirato da Robin Williams ne “L’attimo fuggente” ha provato a diventare amico dei suoi allievi, spalancandosi come una porta sotto corrente. Brutta idea, perché o si ha un carisma simile a quello di Robin Williams oppure ci si spinge troppo in là superando la Linea.

La Linea non è una linea qualsiasi, è un sottile ed impercettibile confine che separa gli impiegati dai capi ufficio e dai loro colleghi, gli alunni dai docenti, il soldato semplice dal tenente e via dicendo…una barriera non discriminante ma fine a separare la vita privata delle due parti dai loro impegni professionali, onde garantire un adempimento oggettivo e utile dei loro doveri.

Il superamento di suddetta Linea porta uno squilibrio che da alcuni viene considerato positivo, ma inequivocabilmente comporta grandi disordini. Riprendendo il caso degli insegnanti: se un professore prova a varcare il confine di solito rischia di essere sbranato dagli allievi, che trattandolo come egli desiderava da amico, gli parlano sopra, si lasciano andare ad un linguaggio un poco più libero, e usano le sue lezione come momento di puro svago perché: <<tanto c’è il “Pincopalli”, non ci dice mica niente, è un grande quello!>> Si, un grande ingenuo. Senza più possibilità di riconquistare la calma di un ambiente civile si rifornisce di collutorio e si prepara a gridare per il resto dell’anno. Ma per questi pochi avventurieri, ci sono un sacco d’altri che preferiscono prevenire ogni sorta di animazione in classe, per paura di non saperla domare: si instaura quindi il temuto e conosciuto “clima dittatura”, con una voce narrante e una ventina di paia di orecchie ascoltanti. Non vi è neanche il pensiero del volo di una mosca. Ma il silenzio che regna in aula non è dettato da un sincero interessamento, piuttosto da un sano istinto di sopravvivenza che invita a evitare interrogazioni punitive e affini. Solo che in assenza di svaghi o distrazioni, visto che di seguire la lezione non se ne parla, il cervello subisce una pesante battuta d’arresto alla black-out di fine Agosto, con la differenza che il guasto non è certo causato da un eccessivo utilizzo di energie.

E così si precipita nella lezione passiva, sostanzialmente inutile salvo per pochi coraggiosi imbottiti di caffeina che tentano in tutti i modi di mantenere la concentrazione, attirata con ostinazione da ogni singolo granello di polvere presente nella stanza. Queste due tipologie di prof ovviamente sono agli estremi, quasi tutti gli altri casi oscillano a piacimento tra queste. Ma allora dove sta la soluzione, sempre che ci sia, per riuscire a rendere anche il rapporto alunni-prof piacevole e utile senza rovinare quel distacco che altro non è che un rispetto reciproco per i propri ruoli? Semplice, graficamente parlando evidente: sta nel mezzo. Coloro che non vogliono far cadere la classe nell’apatia non devono cercare di scavalcare la Linea, devono camminarci sopra come abili equilibristi, senza mai sbilanciarsi. Ed ovviamente gli alunni devono cercare di non spintonare, favorendo quindi se non altro la calma in classe ( che non deve essere una tomba, piuttosto un luogo sereno ma vivo). Del resto chi ha mai detto che era un mestiere facile quello del prof? L’equilibrio va raggiunto col tempo, beati quelli che possono contare su qualche dote naturale da gran oratori, ma anche gli altri se vogliono adempiere al loro lavoro fino in fondo riuscendo a trasmettere veramente qualcosa ai ragazzi impareranno a farsi ascoltare. Noi siamo sempre qui ad aspettarli dall’altra parte, un po’ restii a volte, forse perché per alcuni la scuola ha dato solo dimostrazione di quanto possa essere noiosa una lezione di geografia (ore che non solo scorrevano più lente, addirittura all’indietro). Grandi responsabilità per tutti dunque, se si vuole ottenere veramente una lezione alla Robin Williams, con tanto di standing ovation sui banchi a fine anno per salutare il prof che si è guadagnato seriamente l’ammirazione dei fanciulli.

 

 

 

Eugenia Beccalli (2F)

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