Ore 9 del mattino. In un’aula dalle sedie blu, un gruppo ancora un po’ assonnato di studenti, chiacchierando del più e del meno, della scuola e del gossip, dei tre giorni di autogestione che si apprestano ormai a finire, aspetta l’inizio di una conferenza intitolata “Beni confiscati e ridati ai cittadini”. La mafia del nord. O meglio la mafia nel nord, perché in realtà c’è ben poca differenza fra nord e sud. La parola mafia spesso suscita interesse. Chi non pensa ai famosi “Cento passi” o al celebre “Gomorra” di Roberto Saviano. Tuttavia a parlarci di mafia non si è presentato un giornalista o un testimone. Puntuali, della porta di legno dell’Aula Meeting, sono entrate due ragazze che potevano avere sei o sette anni più di noi. Approccio semplice, amichevole, fanno entrambe parte dell’associazione ACMOS, nata da Libera. Non restano sul vago, dopo una breve introduzione proiettano sullo schermo alle loro spalle il video di una manifestazione, la manifestazione che ogni anno si svolge il 21 marzo in ricordo delle vittime di mafia. Il video è una testimonianza di quella del 2006 a Torino. Loro c’erano, e non solo loro. Padri, madri, figli, parenti, amici delle vittime e tanti altri padri, madri, figli, a ricordare loro che non sono soli, a mostrare il loro sostegno. Non ci si ferma però ai rimpianti, né alla frase che risuonò alla morte di Falcone: “è tutto finito”. Libera nasce nel ’95 con l’intento di riunire persone e associazioni nella lotta contro la mafia. L’anno dopo, nel ’96, grazie alla raccolta firme che sono riusciti ad organizzare, viene approvata la proposta di legge che permette di riassegnare alla società i beni confiscati ai mafiosi, prima messi all’asta. Nel giugno del 2008 i beni confiscati sono 8.385 di cui già il 59% destinato a finalità sociali o istituzionali. Libera nasce per non fermarsi.
San Sebastiano da Po, a 35 km da Torino, ospita il primo bene confiscato nel nord. Non così lontano in effetti. Dopo essere stata sottratta alla famiglia Belfiore, cascina Caccia ha potuto essere riassegnata alla società. Dedicata a Bruno Caccia, procuratore ucciso nel ’83, oggi ospita attività di sensibilizzazione e sui terreni che la circondano si produce miele e si coltivano noccioli che fra qualche anno potranno essere utilizzati per la produzione del torrone. Una delle ragazze di fronte a noi, Isabella, vive a cascina Caccia. Ci ha raccontato la sua esperienza diretta, ciò che ha vissuto in prima persona, non una storia distante anche se coinvolgente. Ciò che coinvolge di più in realtà è lo spirito del “qui e ora”, lo spirito di chi vuole provare a cambiare le cose, adesso. Non è servito andare lontano, è bastato guardare a soli 35 km da Torino, per rendersi conto che fare la differenza non è poi così difficile, che a provarci sono già in molti e che forse impegnarsi serve davvero a qualcosa.
Federica Baradello (3F)